La fauna selvatica sta scomparendo a un ritmo senza precedenti

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di viveresostenibilelazio
Un New Deal non è mai stato così necessario

Se le curve pericolosamente negative che emergono dall’analisi WWF sul Pianeta Vivente fossero legate ad azioni quotate in Borsa, farebbero tremare i polsi ai mercati finanziari globali: ‘parlano’ invece di gorilla, orsi, pappagalli, tartarughe e storioni, tutti elementi fondamentali degli ecosistemi grazie ai quali l’umanità vive. Purtroppo i due aspetti, economico e ambientale, a cui aggiungere quello sanitario, non sono affatto disgiunti: la natura è essenziale per l’esistenza umana ed è proprio su di essa che si basa l’intera economia, sui suoi servizi che garantiscono sicurezza alimentare, riduzione degli impatti dovuti agli eventi naturali, acqua potabile, salute e medicine, solo per citarne alcuni.

L’analisi 2020 sulle popolazioni globali di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci mostra un calo medio di due terzi avvenuto in meno di mezzo secolo, causato in gran parte dalla distruzione degli ecosistemi che sta anche contribuendo all’emergere di malattie zoonotiche come il COVID-19.
La causa principale del drammatico declino delle popolazioni di specie terrestri sono la perdita e il degrado degli habitat, inclusa la deforestazione, influenzata anche dal modo col quale l’umanità produce cibo.
Per la prima volta nella storia l’impatto delle attività umane sui sistemi viventi del Pianeta è stato talmente forte da generare la ‘nascita’ di un nuovo periodo geologico nella storia della Terra, l’Antropocene. Perdita di habitat, degrado e eccessivo sfruttamento della fauna selvatica sono le minacce principali per le specie individuate nel Living Planet Report 2020 pubblicato ieri, tutte direttamente legate alle attività umane. I risultati del rapporto forniscono ulteriori prove che il Pianeta sta entrando in un territorio finora completamente inesplorato, in cui l’umanità sta trasformando letteralmente la Terra e andando verso una possibile sesta estinzione di massa. I ricercatori chiamano questo periodo Antropocene. Capire questo fenomeno ci permette di individuare soluzioni per il ripristino degli ecosistemi da cui dipendiamo. Secondo il Rapporto WWF, la produzione alimentare necessaria a soddisfare le complesse esigenze di una popolazione umana in espansione sta distruggendo gli habitat e sfruttando in modo insostenibile la fauna selvatica. Oggi l’agricoltura occupa circa un terzo della superficie totale della Terra e rappresenta quasi il 70 per cento del consumo di acqua. Almeno 50 paesi hanno sofferto di scarsità d’acqua, oltre il 30% degli stock di pesce sono sovrasfruttati.

Gli impatti economici del declino della natura costeranno al mondo almeno 479 miliardi di dollari all’anno, aggiungendo fino a circa 10 trilioni di dollari entro il 2050, secondo il WWF, il Global Trade Analysis Project e il rapporto Global Futures del Natural Capital Project.

Il dott. Andrew Terry, direttore conservazione della Zoological Society of London osserva che “Un calo medio del 68% negli ultimi 50 anni è catastrofico e una chiara prova del danno che l’attività umana sta arrecando al mondo naturale. Se non cambia nulla, le popolazioni continueranno senza dubbio a diminuire, portando la fauna selvatica all’estinzione e minacciando l’integrità degli ecosistemi da cui tutti dipendiamo. Ma sappiamo anche che agendo sulla attività di conservazione delle specie possiamo allontanarci da questo baratro. Servono impegno, investimenti e competenza per invertire queste tendenze”.

Il 2020 può essere l’anno di svolta perché entreranno in funzione gli impegni assunti nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima, insieme alle prime azioni ambientali all’interno dei piani di sviluppo sostenibile. Queste misure, se verranno attuate contestualmente agli obiettivi sulla biodiversità, saranno in grado di riformare adeguatamente il sistema alimentare e energetico per tutelare la ricchezza della vita selvatica in tutto il mondo.
Il punto di svolta potrebbe essere in particolare la prossima assembea generale ONU che si svolgerà tra pochi giorni, nella quale i leader dovranno esaminare i progressi compiuti sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’agenda 2030, l’Accordo di Parigi sul clima e la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD). L’UNGA 2020 riunirà i leader mondiali, le imprese e la società civile per sviluppare il quadro d’azione post-2020 per la biodiversità globale e rappresenta quindi un momento fondamentale per gettare le basi per un New Deal così necessario per la natura e le persone.

Modelli per un futuro possibile
Il Living planet Report 2020 include anche modelli pionieristici che mostrano che senza ulteriori sforzi per contrastare la perdita e il degrado dell’habitat, la biodiversità globale continuerà a diminuire. Questi modelli, contenuti nel documento “Piegare la curva della biodiversità terrestre richiede una strategia integrata”, scritto dal WWF in collaborazione con oltre 40 ONG e istituzioni accademiche e pubblicato oggi su Nature, chiariscono che stabilizzare e invertire la perdita della natura, provocata dalla distruzione degli habitat naturali da parte degli esseri umani, sarà possibile solo adottando sforzi di conservazione più audaci e ambiziosi e apportando cambiamenti trasformativi al modo in cui produciamo e consumiamo il cibo. Tra i cambiamenti necessari: rendere la produzione e il commercio alimentare più efficienti ed ecologicamente sostenibili, ridurre gli sprechi e favorire diete più sane e rispettose dell’ambiente.
La ricerca mostra che l’attuazione dell’insieme di queste misure, piuttosto che isolatamente, consentirà al mondo di alleggerire le pressioni sugli habitat della fauna selvatica, invertendo così i trend di perdita di biodiversità.
La conclusione di Marco Lambertini, Direttore Generale del WWF Internazionale: “Questa ricerca, alla quale hanno contributo oltre 125 esperti di tutto il mondo, può aiutarci a garantire un New Deal per la natura e le persone che sarà la chiave per la sopravvivenza a lungo termine delle popolazioni di fauna selvatica, piante e insetti e dell’insieme della natura, inclusa l’umanità. Un New Deal non è mai stato così necessario”.