Calenda fa il permaloso per smentire di esserlo

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Ieri, sul Fatto, è uscito un mio ritratto semi-serio di Carlo Calenda. Tra le altre cose, dicevo che il problema di Calenda è quello di essere maestosamente permaloso, fingendosi però maestosamente autoironico. Per smentire la mia accusa, Carlo Calenda ha riposto al mio articolo twittando fin dalle 10 del mattino, di domenica. Un po’ tipo quando dici a qualcuno “Sei minaccioso e violento” e quello “Ma quando mai, se lo ripeti t’ammazzo”. Nel suo primo tweet del mattino Calenda posta il mio articolo e tenta la strada populista, ovvero: “Profondo. Soprattutto nel passaggio sugli abitanti delle periferie come i Maori. E meno male che voi sareste quelli non elitari e di sinistra. Poi dici perché la destra stravince fuori dalla ZTL”.

Ora, nel mio articolo scrivevo che ha sempre l’aria del pariolino che non sa come sia il mondo fuori dalla Ztl, l’aria dello straniero, “del principe William che incontra i maori”. Questo era il senso. Calenda invece, sempre per smentire con efficacia le mie tesi su di lui, convinto forse che i maori siano dei selvaggi che hanno da poco scoperto la pietra focaia, ritiene evidentemente offensivo l’accostamento abitanti delle periferie/maori. Mi trova snob.

Adesso. So che per Calenda sarà un duro colpo scoprirlo così, di botto, ma i maori sono il 14% della popolazione neozelandese, forse avrà sentito parlare degli All Blacks del rugby e del canto maori, forse Calenda si sarà anche accorto che la ministra degli esteri neozelandese Nanaia Mahuta è una donna maori. Insomma, i casi sono due: o è ignorante o quello elitario è lui.

Poi va avanti lamentandosi perché gli ho dato del “cringe” anziché criticare le sue proposte. Poi, per non fare quello permaloso, fa il permaloso per interposta persona: retwitta quelli che scrivono che l’articolo è sciocco. Poi retwitta Richetti che si lamenta perché povero Carlo, lo criticano per il suo romanesco. Poi, a un tizio che dice che non dovrebbe rispondermi, risponde che invece è importante rispondermi “per arrivare a un pubblico”. Qualcuno – di grazia – gli spieghi che rispondendomi sulla sua pagina twitter, arriva sì a un pubblico: il suo. Non il mio.

Ad ogni modo, una cosa è certa: non so se quella di fare il sindaco di Roma sia una buona idea per uno con questo livello di tolleranza alle critiche. Carlo, dammi retta: tu dopo tre giorni da sindaco di Roma, accusato di essere la causa di una carbonara scotta a Testaccio o di un lavandino che perde a Torre Angela, imbracci un fucile anticarro. Pensaci.                      di Selvaggia Lucarelli