Acqua radioattiva riversata deliberatamente nell’Oceano Pacifico

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Potrebbe essere questa, purtroppo, l’unica via possibile per continuare a gestire le drammatiche conseguenze del disastroso incidente di #Fukushima del 2011.

Tra soli 3 anni – allerta la società Tokyo Electric Power – saranno pieni i 960 serbatoi di acciaio costruiti per stoccare l’acqua necessaria a raffreddare i tre reattori danneggiati (circa 200 metri cubi al giorno!).

La conferma arriva anche dal Ministro giapponese dell’Ambiente e subito si scatena la comprensibile indignazione del mondo ambientalista e non.
«Non si può affermare con certezza che la diluizione renderebbe meno o, addirittura, debolmente radioattive le acque contaminate di Fukushima. Non abbiamo dati certi sull’impatto che quel tipo di scorie potrebbe avere su fondali, flora e fauna marina», ha commentato Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente.

Nonostante i tecnici stiano valutando altre opzioni, lo scarico libero in mare sembra essere la via più economica e più facile.

Responsabilità pesante, quella di avere una centrale #nucleare sul proprio territorio. Forse sarebbe più sensato non puntare al risparmio, ma ricorrere alle tecnologie più avanzate per evitare l’ennesimo, devastante ecocidio.