Avevo 15 anni quando chiesi di iscrivermi ai giovani comunisti

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Non sapevo molto della vita, della storia, della fatica, ma mi pareva che quella fosse la parte giusta. In mezzo a mille disastri, passi falsi, gioie e sconfitte, più o meno lì sono rimasto. Al sogno di una cosa.
Anni dopo quella comunità mi capitò di guidarla. Lo feci malamente in anni complicati. Però mi trovai seduto nello studio di Natta a fargli domande sul dopo. E a pranzo con Pajetta in un’osteria dietro Botteghe Oscure dove mi spiegava cos’era la disciplina. O alcune volte a colloquio con Ingrao che non ti spiegava le cose, te le chiedeva.
Sono passati anni, molti, e stasera mica so, come voi, se domani il governo che dovrebbe sortire l’Italia dalla peggiore emergenza del dopoguerra ci sarà ancora. Lo spero. Sì, lo spero.
Quel che posso scrivere è che anche senza provare alcuna nostalgia per quel tempo, una cosa credo di saperla: ed è che quelli laggiù (o lassù, fate voi) quando c’è stato da salvare questo benedetto paese non hanno avuto dubbi su quale fosse il sentiero giusto da imboccare.
Bon. Buona serata e un abbraccio