Bocca (Federalberghi): “Strutture ricettive prive di ossigeno, non possono farcela da soli”

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Dopo un anno di crisi da Covid la maggior parte degli alberghi italiani non hanno più risorse neanche per far fronte al pagamento delle tasse e molte imprese sono al limite della sopravvivenza.

Nelle città d’arte, gran parte delle strutture ricettive è chiusa da marzo 2020. A Roma, per esempio, sono aperti solo 80 alberghi su 1200 presenti nella città.

L’assemblea generale di Federalberghi, ha recentemente approvato una petizione per sbloccare questa drammatica situazione e “per sollecitare il Governo italiano a intervenire con urgenza a tutela delle imprese e dei lavoratori del turismo prima che sia troppo tardi”.

Come e soprattutto quando potrà ripartire il settore vitale per l’economia italiana? Per parlarne Sputnik Italia ha intervistato in esclusiva il Presidente di Federalberghi Bernabò Bocca.

— Sig. Bocca, come la crisi determinata dal Covid ha inciso sull’attività delle strutture ricettive in termini numerici e di fatturato? La situazione è davvero così drammatica, come la descrivono diversi studi?

— Il Covid è stato per il nostro settore l’equivalente di un terremoto: ci ritroviamo oggi di fronte ad uno scenario devastato, con strutture ricettive prive di ossigeno è proprio il caso di dire, con imprenditori storici costretti a serrare le porte dei propri alberghi non per disposizioni governative ma perché non vi sono le condizioni per poter lavorare. È mancato totalmente in questo anno buio il movimento turistico sia straniero che interno, tra le chiusure delle frontiere e l’impossibilità di viaggiare tra le regioni.

L’aggravante è che ci sentiamo deboli sulla ricostruzione. Se guardiamo alle cifre è chiaro che da soli non possiamo farcela: la crisi dovuta alla pandemia ha portato in Italia nel 2020 ad una perdita di 236 milioni di presenze turistiche (-54,1% rispetto al 2019), con un calo di fatturato del settore ricettivo pari a 13,5 miliardi di euro (-55%). A dicembre nel comparto ricettivo sono andati persi circa 66 mila posti di lavoro temporanei. Il quadro è drammaticamente reale.

— Per affrontare la seconda ondata molte regioni si sono appoggiati ai numerosi alberghi che da mesi sono rimasti vuoti. I cosiddetti Covid Hotel, che hanno ospitato pazienti lievi o asintomatici, sono riusciti a sopravvivere grazie a questa conversione?

— Senza nessuna presunzione, direi piuttosto che queste strutture ed i loro proprietari sono riusciti a far sopravvivere il sistema attivato per via del Covid. In tutta Italia non vi è stata una sola regione in cui gli albergatori si siano tirati indietro. Molti dei nostri hanno dato totale disponibilità più per spirito di servizio e solidarietà che per motivi economici. È bene che si sappia che nessuno può mai aver avuto il pensiero di arricchirsi con gli hotel Covid. Al massimo si è riusciti a rientrare nelle spese.