Bonetti: “Asili nido, obiettivo 50% e a crescere sarà il Sud”

0
66
asilo
asilo

Ministra Bonetti, l’assegno unico per i figli è una straordinaria novità ma emergono dubbi sulle coperture. Ci aiuta a chiarire?
«Le simulazioni sono in corso – risponde Elena Bonetti, ministra della Famiglia – ma partiamo da una copertura di 21-22 miliardi di euro contro i 15 miliardi della somma delle misure precedenti. Quindi c’è uno straordinario impegno per rendere universale il sostegno alle famiglie con figli mentre finora erano escluse intere categorie, come le partite Iva o i cosiddetti incapienti, cioè persone con redditi troppo bassi per beneficiare delle detrazioni».

Però i “figli” interessati sono 11 milioni e con un assegno di 250 euro al mese di miliardi ne occorrono 33, non 22. Vero che si limiterà il sostegno ai redditi alti, ma le necessità di bilancio non finiranno per colpire i redditi medi?
«C’è un impegno politico a non danneggiare nessuno e a sostenere le famiglie più in difficoltà. La situazione economica con la pandemia in corso sta peggiorando. Se si dovessero rendere necessari ulteriori rafforzamenti non ci tireremo indietro perché l’assegno unico e universale è una rivoluzionaria misura di riequilibrio sociale».

Durante la preparazione qualcuno ha posto il tema del costo della vita proponendo di tagliare l’assegno al Sud?
«No. Non accetterei una norma che dà un valore diverso a figli in base al luogo in cui si vive».

Purtroppo però si continuano a scrivere norme che discriminano in base alla residenza. L’ultima è il bando del fondo «Asili nidi e scuole dell’infanzia».
«Mi fa piacere poter chiarire le finalità di un bando al quale ha contribuito anche il mio Ministero. Per la prima volta si fa un investimento nel settore educativo di tale portata: 2,5 miliardi, di cui 700 milioni da assegnare con il bando in corso. Nei punti di mia competenza ho ottenuto un preciso vincolo del 60% destinato alle aree svantaggiate, le quali sono in larga parte al Sud».

Perdoni la puntualizzazione, il 60% si applica su 560 dei 700 milioni, inoltre tra le aree svantaggiate o con periferie difficili sono inseriti comuni come Sondrio o Reggio Emilia. E ancora: ci sono regole nel bando, come il premio a chi cofinanzia, che favoriscono le aree ricche.
«Il bando è articolato su più linee e in effetti il 60% non si applica sul punto dei 140 milioni per i progetti innovativi di riconversione delle scuole dell’infanzia non utilizzate. Vale sempre però la quota equivalente alla popolazione che deve essere destinata al Mezzogiorno e mi aspetto che le risorse che andranno al Sud supereranno il 50%. Tuttavia prendo un impegno: la norma è alla sua prima applicazione ed è prevista una Cabina di Regia per monitorarne gli esiti. La presiede il mio Dipartimento e assicuro che se gli effetti saranno quelli temuti dal Mattino interverremo con dei correttivi. Si può fare perché il bando riguarda i primi 700 milioni di 2,5 miliardi».

Considerare uguali i problemi dell’infanzia di Sondrio e quelli di Palermo porta inevitabilmente fuori strada, se l’obiettivo è l’equità.
«Sono la prima a essere convinta che si deve intervenire in modo più intenso nel Mezzogiorno. E devo dire che c’è consapevolezza di tutti, nel governo, sulla sfida grande che ci aspetta nel Recovery Plan: o le disparità vengono risanate, o non si riparte. Proprio sugli asili nido l’obiettivo di copertura che dovremmo indicare nelle schede è il 50%. Attenzione, io sostengo: non come media nazionale ma il 50% in ciascuna regione, il che vuol dire in Campania un aumento di cinque volte del servizio».

Con che risorse?
«Dobbiamo puntare a un utilizzo coordinato del Pnrr e dei fondi di sviluppo e coesione, con questi ultimi per loro natura indirizzati prevalentemente al Mezzogiorno. Dobbiamo invertire finalmente la tendenza e attuare un piano per la prima infanzia, specifico per ogni contesto perché le situazioni nei territori sono molto diversificate e ci sono aree di disagio in tutto il Paese. Rafforzeremo i servizi educativi dai nidi al tempo pieno alle primarie fino alla lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa. Sappiamo bene che in tale modo diamo una spinta all’occupazione femminile dove, ancora una volta, è nel Mezzogiorno che bisogna recuperare raddoppiando la partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Non sono solo intenzioni».

Il Recovery Plan tuttavia consente di finanziare investimenti, non si rischia di naufragare al momento della gestione?
«Nella legge di bilancio del 2021 è stato rafforzato il fondo di solidarietà comunale proprio per la voce asili nido».

Sì con 300 milioni a regime. Così si può arrivare a una copertura del 12%, altro che 50%.
«Verrà rafforzato coerentemente con il Pnrr. Inoltre, grazie al bonus nidi per le famiglie possiamo contribuire alle spese delle rette. È chiaro che la sfida educativa è la più delicata da affrontare e che lo sforzo vada fatto soprattutto al Sud. Peraltro la chiusura delle scuole ha portato un incremento delle differenze territoriali, per cui è necessaria un’azione per la continuità educativa. Ci sono famiglie che hanno affrontato in solitudine la didattica a distanza e per alcuni studenti, ma anche per i loro genitori, è stata un’esperienza drammatica. Serve un piano educativo nazionale».

Le politiche per l’infanzia non sono troppo frammentate tra Famiglia, Istruzione, Politiche sociali e Salute? Non sarebbe meglio avere una figura unica di coordinatore nazionale della Child Guarantee?
«L’Italia è tra i quattro Stati europei che, proprio quest’anno sviluppano anche con Unicef il progetto pilota per spezzare il ciclo della povertà. Il Sud Italia sarà il luogo principale per i nostri interventi, e a lavorarci saranno i ministeri competenti, il mio in collaborazione con quello delle Politiche sociali».