Bonus idrico? Prima di arrivare al rubinetto perdiamo il 42% dell’acqua immessa in rete

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La legge di Bilancio 2021 è pronta ad essere varata dal Parlamento, dopo che nelle ultime e frenetiche ore come sempre è arrivata una miriade di emendamenti per introdurre bonus e mance di vario tipo: tra le novità spicca il bonus idrico, o meglio il nuovo “Fondo per il risparmio di risorse idriche”.

Ben diverso dagli assai più strutturati bonus sull’efficientamento energetico e nato con una dotazione micro pari 20 milioni di euro per il 2021, il Fondo introduce la possibilità di accedere – fino all’esaurimento delle risorse – a un bonus da 1000 euro per ciascun beneficiario «per interventi di sostituzione di vasi sanitari in ceramica con nuovi apparecchi a scarico ridotto e di apparecchi di rubinetteria sanitaria, soffioni doccia e colonne doccia esistenti con nuovi apparecchi a limitazione di flusso d’acqua, su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o singole unità immobiliari».

Lo scopo ambientale soggiacente sembra quello di promuovere un uso più efficiente delle già scarse risorse idriche.

C’è un problema, però: gran parte dell’acqua si disperde ancor prima di arrivare a sgorgare dai nuovi ed efficientissimi rubinetti che verranno installati grazie al bonus idrico. Il quadro aggiornato della situazione l’ha offerto pochi giorni fa l’Istat nel suo Censimento delle acque per uso civile, spiegando che «complessivamente si perde il 42,0% dell’acqua immessa in rete». Perdite di rete che «determinano una rischiosa pressione sulla disponibilità della risorsa idrica, già molto condizionata da periodi di scarsità idrica e da episodi di inquinamento sempre più diffusi e frequenti».

Per capire meglio la dimensione del fenomeno l’Istat sottolinea che «in Italia la dispersione in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 156 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2018 soddisferebbe le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone per un intero anno». Ovvero oltre due terzi di tutta la popolazione italiana.

Niente di male a promuovere l’installazione di rubinetteria più efficiente dunque, ma in un contesto di risorse – economiche ed idriche – scarse forse una mancia da 20 milioni di euro non è la strategia migliore per rendere più sostenibile una legge di Bilancio dove oggettivamente alla green economy poteva essere assicurato ben altro spazio (come già osservato anche da Legambiente).

Sulla migliore gestione delle risorse idriche in particolare lo Stato potrebbe e dovrebbe fare molto, dato che l’acqua è da sempre un bene comune e, anche guardando alla gestione della rete idrica, il 97% della popolazione italiana servita da soggetti pubblici o in maggioranza pubblici.

Nel settore idrico gli investimenti delle utility, che 10 anni fa si attestavano sui 0,5 miliardi di euro annui, oggi ammontano a 3 miliardi annui, ed entro cinque anni puntano a raddoppiare ancora. Per raggiungere l’obiettivo, più che le mance del bonus idrico serve un contesto adeguato. «Non chiediamo risorse finanziarie ma un contesto normativo che faciliti la loro realizzazione». Come spiegato recentemente da Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia, in quest’ottica vanno «semplificati gli iter autorizzativi», è necessario «lavorare sul codice degli appalti per selezionare più rapidamente i fornitori» e bisogna inoltre «favorire le aggregazioni e superare le frammentazioni e le gestioni in economia», superando alcuni vincoli per le società in house.