Cambiare.. Dublino

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Un anno fa, il 27 giugno 2018, in 173 piazze europee (e non solo) abbiamo portato migliaia di barchette di carta simboliche per chiedere ai governi europei di cambiare Dublino, approvando la riforma già votata a larga maggioranza dal Parlamento europeo, che chiede a tutti i Paesi di fare le propria parte sull’accoglienza, valorizzando i legami delle persone.
Dopo un anno siamo ancora qui a parlarne, purtroppo, perché gli amici di Salvini (in primis Orban) bloccano questa riforma fondamentale al Consiglio e non ne vogliono sapere di #solidarietàeuropea, quando non è quella dei fondi strutturali. Salvini stesso, per non urtare la sensibilità dei suoi alleati nazionalisti del resto d’Europa, dice che non è una priorità. Nel frattempo il Ministro ha cambiato il pelo (e diverse divise) ma non il vizio, e come la Lega non si è mai fatta vedere per 22 riunioni di negoziato sulla riforma più importante sull’asilo per l’Italia, lui ha mantenuto questa pessima abitudine saltando sei riunioni del Consiglio su sette.
Eppure, mentre questo governo si dimena cercando di fermare un fiume di speranza con un dito (medio), mentre gli altri governi vergognosamente voltano lo sguardo dall’altra parte, l’abbiamo già visto in questi anni un altro volto dell’Europa. L’abbiamo visto anche oggi, nelle tante persone che attraverso le frontiere si sono strette attorno alla Seawatch e alla sua comandante raccogliendo oltre 200mila euro in 24 ore.
Se un anno fa in cinque giorni si mobilitarono duecento organizzazioni italiane ed europee, così come migliaia di cittadini che mandarono 15mila mail ai capi di Stato e di governo, pensate che cosa potremmo fare in un mese, in due. Allo spettacolo indecoroso degli egoismi nazionali non possiamo che rispondere travolgendoli con una reazione collettiva, oltre ogni frontiera. Come ci insegnano le straordinarie ragazze e ragazzi di Fridays For Future, se uniamo le nostre battaglie al di là dei confini saremo più forti. Del resto, la questione sociale e la questione ambientale sono inscindibilmente connesse. Perché il caldo torrido di questi giorni, appena dopo le grandinate che spaccano i vetri, ci ricordano che se non affrontiamo subito l’emergenza climatica sarà troppo tardi. Ma ci ricordano anche che molte persone hanno già dovuto spostarsi perché non c’erano più condizioni di vita dignitose dove sono nate, tra desertificazione e siccità, tra povertà e conflitti per accaparrarsi le poche risorse.
Per questo la lotta per i diritti degli ultimi è una lotta che ci riguarda già tutti, perché tocca le grandi sfide su cui si gioca anche il nostro futuro: la lotta alle diseguaglianze e la transizione ecologica. Andiamo avanti. #EuropeanSolidarity