CON IL RECOVERY PLAN CONTE E LE SINISTRE CI HANNO PORTATO IN CASA UN MES PEGGIORATIVO E CAMUFFATO

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LA DENUNCIA DI IVANO TONOLI, SEGRETARIO DEL PARTITO UNIONE CATTOLICA: QUANTO AVEVAMO DENUNCIATO FIN DALLA SCORSA ESTATE, MENTRE IL GOVERNO GRILLO COMUNISTA ANNUNCIAVA IN MODO TRIONFALISTICO IL VARO A BRUXELLES DEL RECOVERY FUND, SI STA ORA TRAGICAMENTE AVVERANDO CON L’APPROVAZIONE DEI REGOLAMENTI DEL PARLAMENTO EUROPEO SULLE CONDIZIONALITA’ CHE RIPORTANO IN VITA IL FISCAL COMPACT

Se la crisi del governo del Bis-Conte null’altro è che la fotocopia dell’inglorioso epilogo del Conte 1, e la conferma del populismo, e in questo caso dell’alleanza dei populismi di vario colore, come “falso rimedio” della Storia, l’ultimo in ordine di tempo denunciato dalla Dottrina sociale della Chiesa Cattolica, i frutti velenosi che l’ex “avvocato del popolo (di Grillo e Casaleggio Associati)” ci lascia in “gentile” eredità, rischiamo però di doverli ingoiare per un successivo lungo, lunghissimo periodo, se non verrà sradicata in fretta la “pianta carnivora” sulla quale si trovano, ossia il “recovery plan”.

Fin dalla scorsa estate, mentre con tronfio e avventato trionfalismo Conte e Di Maio annunciavano da Bruxelles il varo del Recovery Fund, e l’attribuzione all’Italia della quota maggioritaria di finanziamenti previsti da esso, questi due “utili idioti” dell’austerity nordeuropea si erano tuttavia dimenticati di dirci che quello appena deciso era né meno e molto di più di un MES camuffato. Tratto inquietante, quest’ultimo, che sarebbe emerso in tutta evidenza con il varo dei successivi regolamenti di attuazione da parte del Parlamento UE. Non detto da Roma, fatto da Bruxelles, da dove sono nei giorni scorsi venute a galla le regole terribili alle quali o questo o i governi che verranno si dovranno adeguare per poter ricevere, ogni anno, quote di contributi nel complesso corrispondenti a meno di un terzo di quanto un singolo settore come il turismo necessiterebbe fin da subito sia per colmare le perdite di capitale circolante del solo 2020, sia per riattivare con gli opportuni e necessari investimenti gli impianti e le strutture aziendali nel frattempo da riqualificare e riadattare pressoché totalmente.

I professionisti del populismo e del sovranismo antieuropeista, sono arrivati all’unico risultato di portarci in casa, sotto altro nome, lo strumento principe dell’austerità nordica contro la quale avevano richiesto e preso i voti nel 2018 e 2019: ossia il MES, e per di più in una versione molto più camuffata, subdola e peggiorativa del notorio Meccanismo europeo di stabilità contro il quale dichiarano di scagliarsi, dal momento che – ai sensi dei regolamenti appena predisposti dalle commissioni euro-parlamentari – l’attivazione dei “recovery plan” governativi porterà con sé il ritorno del mai abolito “fiscal compact”.

Insomma, come è nella peggior tradizione degli ultimi governi non eletti, siano essi tecnici o populisti (con i secondi nel ruolo di ancillari strumenti dei primi), i cosiddetti piani di utilizzo dei fondi europei, oltre a non portare in dote questi ultimi, ci portano iniezioni aggiuntive anziché di liquidità, di sacrifici da far sostenere per l’ennesima volta agli Italiani. E quanto è oggi in discussione non fa eccezione, perché oltre a essere incapace di riportare nel nostro Paese i fondi da esso sempre generosamente versati al bilancio della UE, ci mette in condizione di infrangere regole sbagliate sulle quali dovremo poi pagare penali ingiuste.

Di Maio nei giorni scorsi ha detto che “la crisi di governo metterebbe a rischio il recovery plan”. Se voleva esprimere una minaccia, si è dimenticato di aggiungere che quella vera arriva, all’esatto contrario, da questo governo e da questo “plan”.