Covid, Crisanti: “60 mln vaccinati entro giugno? Non creare aspettative”

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E’ un obiettivo realistico quello a cui punta il governo in materia di vaccini anti-Covid, cioè 60 milioni di somministrazioni entro fine giugno? “Come ha detto Draghi, bisogna promettere quello che si può fare” quindi “penso che non si debbano dare aspettative alle persone”, del tipo “in 3 mesi vacciniamo 50-60 milioni” di cittadini. Richiama al realismo Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e docente di microbiologia dell’ateneo cittadino, intervenuto ad ‘Agorà’ su Rai3.

Per capire quali sono i traguardi realmente raggiungibili, “bisogna anche vedere cosa hanno fatto gli altri – ha precisato l’esperto – L’Inghilterra ha immunizzato 20 milioni di persone in 3 mesi e mezzo” e per farlo “ha usato tutto quello che poteva usare: medici di base, pediatri, esercito. Questo ci dà la misura di quello che è possibile fare”, dunque “mi accontenterei che riuscissimo ad arrivare a quel risultato”.

“Penso che il provvedimento sul tavolo del Cts”, il Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid-19 che si riunisce oggi per indicare nuove restrizioni dettate dalla drammatica emergenza coronavirus, “vada nella direzione giusta: cercare di spegnere la trasmissione” del coronavirus Sars-CoV-2 “e di vaccinare più persone possibili”. Però “è improponibile un lockdown che poi si ripropone con un altri lockdown. Ci vuole un piano chiaro e preciso che sia l’ultimo, e perché sia l’ultimo non basta il lockdown e non bastano i vaccini”, ha spiegato ancora l’esperto.

“L’agenda quest’anno l’ha dettata il virus – ha osservato l’espero – Indipendentemente dai governi, se ogni vita conta le misure a disposizione sono poche e sono sempre quelle. Ora abbiamo anche l’arma formidabile del vaccino. La novità è la variante inglese che ha una capacità di trasmissione estremamente elevata e poi c’è la minaccia di varianti potenzialmente resistenti al vaccino”, contro le quali “ci deve essere tolleranza zero. Laddove si manifestano e c’è un focolaio – avverte il virologo – bisogna chiudere tutto stile Codogno, perché non possiamo permetterci che si diffondano nel Paese”: significherebbe “dover resettare l’orologio un anno indietro”.

Crisanti ha ribadito che “non si vaccina mentre c’è un’elevata trasmissione virale, perché favoriamo l’emergenza di varianti resistenti”. Quindi nuove restrizioni appaiono inevitabili, ma non si può solo chiudere: “Serve un piano nazionale finanziato per il monitoraggio delle varianti”, ha precisato il virologo, e “serve potenziare il sistema di sorveglianza con tamponi”.

Oltre naturalmente a vaccinare. “Per arrivare a una situazione in cui i casi” di infezione “diminuiscono drammaticamente”, Crisanti vede “tre possibilità: primo, vaccinare oltre la soglia dell’immunità di gregge; secondo, continuare in determinate circostanze distanziamento e mascherine; terzo, finalmente creare un sistema di tracciamento degno di un Paese sviluppato”.