Durante questa pandemia, la crisi non è stata uguale per tutti

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Mentre molti commercianti e negozianti sono stati costretti a chiudere o a veder crollare le proprie entrate, c’è chi, nonostante tutto, i propri profitti li ha visti crescere.
Quel qualcuno è Amazon. Amazon che, nel nostro Paese, fattura 4,5 miliardi e versa, però, appena 11 milioni di euro di tasse. È così in Italia, è così in Francia, è così in Germania e in Gran Bretagna, dove i profitti sono aumentati del 35% ma le tasse appena del 3%.
Sono aumentate, poi, le spedizioni e i carichi di lavoro. C’è solo una cosa che non è aumentata: i diritti dei lavoratori di Amazon.
Lavoratori che, oggi, proprio qui in Italia, per la prima volta in Europa in termini di intera filiera, hanno deciso di incrociare le braccia e di dire basta.
Basta a un numero di consegne ai limiti della follia (anche 190 al giorno).
Basta a un algoritmo che assegna dei punteggi sulla base di quanti pacchi sono rimasti all’interno del furgone a fine turno (‘costringendo’ i corrieri a rinunciare persino alle pause).
Basta a salari irrisori e a contratti precari che non tutelano la sicurezza e la vita dei magazzinieri e dei “driver”.
Le consegne di Amazon non sono un diritto.
La dignità dei lavoratori, sì.