Era il 2011 e Francesca, quel giorno, aveva appena 15 anni

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Suo padre, sua madre, sua sorella e il fidanzato di quest’ultima andarono a prenderla a scuola, la caricarono in macchina e la riempirono di botte. In faccia, sulla testa, sulle gambe.
Il padre la portò a casa, la chiuse nella sua stanza, si spogliò e le disse: “Queste cose devi guardare, non le donne“.
In quella stanza, Francesca fu violentata. E fu violentata dal padre perché ‘colpevole’ di essere lesbica.
Da quel giorno, Francesca ha tentato di suicidarsi tre volte. E oggi, a distanza di dieci anni da allora, la procura di Termini ha chiesto otto anni di carcere per il padre e due anni per la madre. Anche lei, stando alle testimonianze della figlia, sapeva. E fu lei, prima di chiuderla nella stanza, ad urlarle: “Meglio morta che lesbica”.
Una storia che fa orrore. Una storia che dimostra quanto sia presente, ancora oggi, lo stigma nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e trans. Uno stigma che dobbiamo combattere. Con la cultura, certo. Ma anche con una legge che dica chiaramente che per lo Stato è l’omotransfobia a non meritare alcuno spazio nella società.
Ed è per questo che riteniamo indispensabile approvare anche al Senato la legge Zan. Per troppo tempo si è detto “che non è il momento, che ci sono altre priorità”. Nel frattempo, però, le aggressioni non si sono fermate, proprio come non si ferma il tempo.
Ed è proprio il tempo a dire che siamo già abbondantemente in ritardo.