Fare della menzogna un crimine

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Apollo, irato per il rifiuto opposto da Cassandra alle sue profferte sessuali dopo che le aveva concesso il dono della preveggenza, la condannò a non essere creduta. Ciò contribuì alla rovina di Troia: perché un popolo che non sappia distinguere la verità dalla menzogna è destinato a precipitare, prima nell’ignoranza, quindi nella corruzione e infine nella violenza. Certo, da un punto di vista filosofico e storico la verità è ambigua, instabile, mai assoluta o universale, contrariamente a ciò che pensano gli integralisti e i complottisti; ma in ciascuna contingenza reale essa è un procedimento euristico indispensabile, malgrado la sua provvisorietà, per assicurare la coesione sociale e la fiducia reciproca che permettono alla civiltà di sopravvivere alla barbarie, alla giustizia di arginare i soprusi, alla responsabilità di cancellare l’arbitrio, alla solidarietà di imporsi all’egoismo. Senza verità non hanno senso la magistratura e la legge, la scuola e la conoscenza, la memoria e la tradizione, l’amicizia e il rispetto.

Non sempre è facile riconoscere la verità però oggi troppa gente non ci prova neppure: è così più comodo credere a quello che vuole credere o che le conviene credere. E poi ci sono i media delle multinazionali, dedicati esclusivamente alla pubblicità e alla disinformazione, e soprattutto i “social”, chiamati così (con un anglicismo, infatti) per mascherare il loro precipuo scopo, che è la diffusione di individualismo e asocialità. Che fare?

Ho una modesta proposta per riportare la menzogna alla sua ordinaria dimensione di truffa efficace solo finché non sia stata smascherata, invece che di forma di pensiero autorizzata e di regressione verso il delirio di onnipotenza infantile: punirla, ossia penalizzare chi mente. Ovviamente alcune menzogne non possono essere messe a nudo, per la mancanza di prove sufficienti o del tempo e delle risorse per cercarle. Ma alcune volte le prove ci sono. Chi abbia prestato un minimo di attenzione ai tweet di Trump o alle battutine di Renzi ha avuto certamente modo di verificare alcune loro bugie o cazzate, sulla base della propria personale esperienza e non di informazioni ottenute da altri. Dovrebbe essere sufficiente: chi venga colto in flagranza di menzogna, anche una sola volta, deve perdere qualsiasi credibilità, a meno che non ammetta apertamente la sua falsità e dimostri di essersene pentito con concreti atti di contrizione – suggerirei il cilicio e la donazione di metà dei suoi beni ai bisognosi ma mi accontenterei di un totale silenzio per un anno.

Purtroppo molta gente non è più capace di comportamenti logici e onesti: come previsto da Orwell in “1984”, il lavaggio del cervello (e ancor di più della coscienza) compiuto dai nuovi media e dalle nuove tecnologie li rende capaci di “sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; rinnegare la morale proprio nell’atto di rivendicarla”. Un esempio recentissimo? La miracolata berlusconiana Letizia Moratti, che dopo aver chiesto che nella distribuzione del vaccino vengano privilegiate la Lombardia e le regioni ricche (perché fanno PIL), accortasi di aver detto un’idiozia, non ha chiesto scusa ma ha negato di aver fatto quell’affermazione. Pubblicandone l’audio il “Fatto” ha potuto accusarla di essere una bugiarda ma ciò non comporterà alcuna conseguenza su Moratti.

E allora deve intervenire lo Stato. La mia proposta è fare della menzogna un crimine e della censura lo strumento di per prevenirla e punirla. Una menzogna, una sola, viene comprovata? Un mese di censura mediatica, con il divieto per qualsiasi strumento di informazione o social di nominarlo o riportare sue affermazioni. Per i recidivi, censure più lunghe. Sì, censura. Lo so che per i liberisti è anatema: come già il fascismo negli anni Venti (notò Benjamin nella postilla all’“Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”), il neocapitalismo vede la propria salvezza nel consentire alle masse di esprimersi, invece che di veder riconosciuti i propri diritti. L’intento, esplicito, è delegare il potere dello Stato ai privati, che non sono i cittadini (come ingenuamente o ipocritamente credono Emma Bonino e i radicali o sedicenti tali) bensì i più ricchi e i più stronzi. Il problema della cesura delle menzogne di Trump su Twitter e Facebook non è che sia stata imposta ma che l’abbiano imposta i miliardari Jack Dorsey e Mark Zuckerberg e non un tribunale o un Parlamento o almeno un governo. Pensate che bello: Renzi sarebbe scomparso dalla scena pubblica dal 2013, forse prima, e Salvini e Meloni da anni. Invece la cultura della libertà privata e dei diritti individuali ha vinto sulle libertà e i diritti. Così, cazzate dopo cazzate, tutte impunite, i liberisti e le lobby delle multinazionali stanno convincendo gli italiani a far entrare nelle nostre città i cavalli di legno delle privatizzazioni, dell’americanizzazione, della deregulation, del commercio online. O li si brucia adesso, sùbito, finché ancora fuori delle mura, o quando sarà passata la nuttata il risveglio sarà tragico e la catastrofe irrimediabile.                                    (di Francesco Erspamer)