FITD Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi di Salvatore Maccarone

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(Presidente del FITD)

Tratto da “ Lessico Finanziario “ di Beppe Ghisolfi – ARAGNO Editore

Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) è stato costituito nel 1987 come consorzio volontario tra banche. Fin dall’inizio, hanno aderito al FITD tutte le banche italiane, fatta eccezione per le banche di credito cooperativo, aderenti al sistema di garanzia dei depositi proprio della categoria (Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo).
Lo scopo del FITD era ed è quello di garantire i depositanti delle banche consorziate, che forniscono le risorse finanziarie necessarie al suo perseguimento.
La materia della garanzia dei depositi ha trovato sistemazione normativa a livello comunitario a partire dal 1994 attraverso tre direttive: la direttiva 94/19/CEE del 30 maggio 1994, modificata dalla 2009/14/CE dell’11 marzo 2009 e, da ultimo, la direttiva 2014/49/UE del 12 giugno 2014, che ha innovato profondamente la disciplina sostituendosi ai precedenti testi legislativi.

La prima direttiva europea sugli schemi di garanzia dei depositi (94/19/CEE) ha armonizzato gli aspetti fondamentali di funzionamento dei sistemi di garanzia europei (deposit guarantee schemes, o DGS), introducendo il principio dell’adesione obbligatoria delle banche. La direttiva 94/19/CEE è stata recepita nell’ordinamento italiano nel 1996 con il D.Lgs. n. 659/96 – modificando il Testo Unico Bancario – e la partecipazione obbligatoria delle banche a un sistema di garanzia dei depositi è venuta a configurarsi come uno dei requisiti previsti dalla legge (art. 14 TUB) per l’esercizio dell’attività bancaria. Si è altresì confermato il precedente sistema di finanziamento di tipo ex-post, basato sul versamento di risorse da parte delle banche “su chiamata”, ossia quando necessario a fronteggiare un intervento.

Successivamente, la crisi finanziaria internazionale ha dato impulso ad un ampio processo di riforma della regolamentazione europea in campo bancario e finanziario, nell’ambito del quale hanno assunto notevole rilievo i cambiamenti riguardanti la garanzia dei depositi, introdotti dalla direttiva 2014/49/UE. La nuova direttiva ha innovato profondamente la disciplina della garanzia dei depositi, ispirandosi a una logica di armonizzazione massima e, conseguentemente, determinando effetti in taluni casi anche molto rilevanti nei singoli ordinamenti. In Italia, la direttiva è stata recepita con il D.Lgs. n. 30/2016 – in vigore dall’8 marzo 2016 – che ha ampliato la disciplina contenuta nel TUB, apportando modifiche alle norme esistenti (artt. 96, 96- bis e 96-ter) e introducendo nuove disposizioni (artt. 96.1 e 96.2; 96 bis.1- 96 quater.4).

Ne è scaturita la necessità di un adeguamento complessivo dello statuto del Fondo al mutato quadro normativo; tra i molteplici profili di cambiamento rilevano, in particolare, l’introduzione del nuovo meccanismo di finanziamento, la riduzione dei tempi per il rimborso dei depositanti a sette giorni lavorativi, la revisione del modello di calcolo delle contribuzioni delle banche in funzione del livello di rischio, la cooperazione transfrontaliera con i sistemi di garanzia degli altri paesi europei. Il nuovo meccanismo di finanziamento (art. 96.1) si fonda sulla combinazione tra contribuzioni ordinarie (cosiddette ex-ante), versate periodicamente dalle banche aderenti per la costituzione di una dotazione finanziaria sino al raggiungimento – entro il luglio 2024 – di un livello obiettivo pari ad almeno lo 0,8% dei depositi protetti, e contribuzioni straordinarie (cosiddette ex- post), da mettere a disposizione dei DGS, su chiamata, per rimborsare i depositanti in caso di insufficienza di quelle ordinarie, nella misura massima dello 0,5% dei depositi protetti per anno di calendario.

Con riferimento alle forme di intervento, la direttiva 2014/49/UE mantiene l’impostazione di un mandato ampio dei sistemi di garanzia, anzi auspicando l’utilizzo di modalità ulteriori rispetto al rimborso dei depositanti, incluse anche misure alternative di tipo preventivo, ove caratterizzate da un minor onere complessivo e nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato. Ha inoltre previsto, quale intervento obbligatorio, accanto al rimborso dei depositanti in caso di liquidazione coatta amministrativa della banca, l’utilizzo delle risorse dei sistemi di garanzia per il finanziamento della risoluzione di banche aderenti. Specifici poteri di vigilanza nei confronti dei sistemi di garanzia dei depositanti sono attribuiti alla Banca d’Italia.

Attualmente, il FITD conta 183 banche consorziate, di cui sette succursali di banche extracomunitarie autorizzate in Italia, tenute per legge ad aderire, salvo che non partecipino a un sistema di garanzia estero equivalente; possono, altresì, aderire al Fondo le succursali italiane di banche comunitarie, al fine di integrare la garanzia offerta dal sistema di garanzia del Paese di origine.

In prospettiva, il progetto di Unione Bancaria prevede la costituzione di un unico sistema di garanzia dei depositi a livello europeo (il cosiddetto “Terzo Pilastro”), in coerenza con l’accentramento delle funzioni di vigilanza e di gestione delle crisi bancarie. Lo scorso anno, in occasione della risoluzione della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, della Cassa di Risparmio di Ferrara, della Banca delle Marche e della Cassa di Risparmio di Chieti, è stato costituito all’interno del FITD, il Fondo di Solidarietà, alimentato e gestito dal FITD, con il compito di provvedere al rimborso degli obbligazionisti subordinati delle banche prima indicate, alle quali si sono aggiunte recentemente anche la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, poste in liquidazione coatta amministrativa.

Alla fine del 2015 – in conseguenza dell’indirizzo restrittivo della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato, che impediva al FITD la realizzazione di inter- venti preventivi o alternativi – è stato costituito all’interno del FITD lo Schema Volontario di Intervento, al quale hanno volontariamente aderito quasi tutte le banche già aderenti al FITD, con il compito di effettuare gli interventi non obbligatori, preclusi al FITD. Lo Schema, pur essendo la sua disciplina collocata all’interno dello statuto del FITD, ha regole e organi autonomi e fonti di finanziamento ex post diverse e separate da quelle del FITD. Il FITD, fino ad oggi ha effettuato dodici interventi, di cui due consistiti nel rimborso dei depositanti, mentre lo Schema ha effettuato due interventi e ne ha in corso di realizzazione un terzo.