Francia: aumentano rabbia e violenza e nel deserto cresce Marine Le Pen

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Nel suo ultimo libro “Le prophète et la pandémie. Du Moyen-oriente au jihadisme d’atmosphère”(Gallimard, 2021), che a breve sarà disponibile anche in traduzione italiana, Gilles Kepel, utilizza il concetto di “atmosfera” per spiegare il contesto in cui sono nati gli attentati che nel 2020 hanno colpito la Francia e l’Austria.
Un’”atmosfera” di rabbia

Un terrorismo che agisce in nome di un jihadismo senza organizzazione, facendo leva su “un’atmosfera” creata da esperti e abili fomentatori di rabbia e collera attraverso la rete, che trova in seguito dei singoli che decidono di passare all’azione. Come il diciottenne ceceno Abdullakh Abouzeidovitch Anzrov, nato a Mosca e rifugiato politico in Francia, che il 16 ottobre scorso ha decapitato Samuel Paty, professore di storia e geografia e educazione civica, davanti al collegio in cui insegnava a Conflants-Sainte Honoraine, colpevole di avere mostrato ai suoi allievi le vignette su Maometto pubblicate dal settimanale “Charlie Hebdo”.

Il quotidiano “Le Monde” ha pubblicato le e-mails di Samuel Paty nelle settimane precedenti alla sua morte, messaggi da cui emerge con chiarezza come egli non avesse compreso la gravità della campagna di odio orchestrata nella rete contro di lui. Sorpresa, incredulità e solitudine. Assenza di un discorso pubblico, condiviso, che possa aiutare gli individui a reagire e a proteggersi quando, all’improvviso, si ritrovano a essere catapultati nel vortice di processi di questo tipo.
Aumenta la violenza, decolla la destra

La solitudine e la violenza. Un vuoto nella società riempito dalla violenza: la parola “bande” sembrava appartenere al linguaggio di inchieste che descrivevano le periferie delle metropoli americane o dell’America latina e invece da qualche mese riempie le pagine dei quotidiani francesi, a causa del moltiplicarsi di fatti di cronaca di cui sono protagonisti gruppi organizzati che si battono tra di loro o contro le forze dell’ordine per il controllo di quartieri dove svolgere le loro attività criminali. Il mercato della droga, dopo un periodo in cui era stato anch’esso colpito dal dilagare della pandemia, si è riorganizzato e la violenza dispiegata pubblicamente e senza timori testimonia che il circolo d’affari è assai elevato.

Ma non si tratta soltanto di una violenza di questo tipo. La cronaca francese è da tempo costellata da notizie che rivelano una forte tensione che attraversa la società: scontri tra gruppi di giovani in quartieri difficili, giovanissimi uccisi in strada o in seguito al bullismo nelle scuole. Per ultimo l’uccisione di una ragazzina di 14 anni a Parigi da parte di suoi due compagni di scuola e il cui corpo è stato ritrovato nella Senna.

Sempre “Le Monde” nei giorni scorsi notava come queste forme di “violenza giovanile” abbiano colto di sorpresa il governo e complichino ulteriormente l’anno finale del mandato di Emmanuel Macron. Naturalmente la destra non esita a utilizzare il tema della sicurezza e per la prima volta alcuni sondaggi – si voterà nel 2022 – indicano come una prospettiva credibile e possibile una vittoria di Marine Le Pen al termine di un secondo turno contro il presidente uscente. Segno che una parte cospicua del tradizionale elettorato della destra repubblicana questa volta non esiterebbe a votare per Le Pen al momento decisivo. Sempre più convinta delle sue possibilità di vittoria la leader del Rassemblement National si sta dedicando a “smussare gli angoli” (come scrivono alcuni commentatori politici d’Oltralpe) della sua identità politica, presentandosi come dirigente moderata e annunciando la sua intenzione di dare vita a un “governo di solidarietà nazionale” (“con il meglio della destra e della sinistra”) nel caso fosse eletta.
Società stretta e società larga

Chi scrive, un anno fa, di fronte ai primi provvedimenti contro la pandemia e alle strade vuote delle città italiane, ricordò il confronto che Giacomo Leopardi, nel “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani”, istituisce tra la società italiana del suo tempo “la società larga”, e le “società strette” che caratterizzavano invece le nazioni che gli sembravano più avanzate, a cominciare dalla Francia. Una “società stretta” era appunto una società in cui era presente un’articolata e ricca società civile, capace attraverso un dibattito pubblico di stabilire nuove regole e nuovi valori su cui conformare i comportamenti individuali. La “società larga” degli Stati italiani era invece una società senza corpi intermedi tra il potere e i singoli membri della collettività, in cui i costumi, anche virtuosi, all’interno del proprio nucleo familiare, non si trasformavano in comportamenti pubblici collettivi.
La speranza era che si potesse uscire dalla crisi della pandemia con la consapevolezza di dovere ricostruire una “società stretta” per ricucire la distanza tra società e politica. A un anno di distanza non si può, da questo punto di vista, che essere pessimisti e preoccupati: la “società larga”, il deserto sui territori, sembra spingere verso un imbarbarimento delle condizioni di vita e di conseguenza del dibattito pubblico.
Trasformare le incazzature in vertenze

Di fronte a questa situazione, malgrado lo sforzo e il sacrificio encomiabile di molti amministratori locali, colpisce e amareggia in Francia l’assenza di una forza di sinistra capace di affrontare la crisi politica e sociale del paese.

Ogni giorno che passa la società diventa sempre più atomizzata, sfiancata dalla crisi sanitaria, incattivita. Negli ultimi giorni anche dall’Italia giungono segnali di processi analoghi, penso alle inchieste sulle “ronde” venete, quelle del “ti veniamo a cercare” rivolte agli immigrati o a coloro che sono accusati di aiutarli. Ma anche alle sempre più frequenti notizie di risse tra giovani, spesso annunciate e preparate via internet.

Certo, evocare una “sinistra del territorio”, come “il sindacato del territorio” di cui ha parlato Maurizio Landini, è complicato mentre l’emergenza sanitaria spinge verso ulteriori chiusure. Giovanni De Luna ricorda spesso come un suo amico sostenesse che il merito del Partito comunista italiano fosse quello di “trasformare le incazzature in vertenze”. Anche le collere non sono tutte uguali, ma riconoscerle e riuscire a incanalarne verso dei progetti positivi rimane un compito necessario e sempre più urgente. Leonardo Casalino