GHISOLFI NELL’ARENA DEL CONFRONTO POLITICA-IMPRESE

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GHISOLFI NELL’ARENA DEL CONFRONTO POLITICA-IMPRESE: SERVIVA UN FONDO PERDUTO PER TUTTO IL FATTURATO BRUCIATO DAL COVID

AL BANCHIERE SCRITTORE E AL CONDUTTORE GILETTI ARRIVANO IL PIENO SOSTEGNO E APPOGGIO DA IVANO TONOLI, PRESIDENTE DI CONFEDES E SEGRETARIO POLITICO DI UNIONE CATTOLICA: PAGHIAMO TUTTORA LE CONSEGUENZE DEL GRAVISSIMO E PER MOLTI VERSI DOLOSO ERRORE STRATEGICO DI CONTE E GUALTIERI, CHE HANNO ADDOSSATO ALLE BANCHE LA RESPONSABILITA’ DEI MANCATI AIUTI STATALI ALLE AZIENDE E ALLE FAMIGLIE

Il Banchiere scrittore ospite di Giletti su la7 e autore di un intervento apprezzato coralmente e ancora una volta confermativo di una esigenza chiara fin dalla primavera del 2020; nella discussione, presenti anche Daniela Santanché (FDI), Alessia Morani (PD, ex sottosegretaria con Conte) e Luca Barbareschi (ex PDL)

Nell’Arena del confronto, non di rado scontro, fra politica e Imprese, irrompe l’intervento, coralmente apprezzato, del Banchiere scrittore Beppe Ghisolfi, che sulle frequenze della 7 è stato ospite della più recente puntata domenicale del molto seguito programma di Massimo Giletti leader dell’approfondimento informativo dell’emittente di Urbano Cairo.

Al centro dell’inchiesta sono stati, infatti, i resoconti dei disordini purtroppo avvenuti davanti al Parlamento subito dopo le festività pasquali, le ennesime nel segno del lockdown o chiusura delle attività economiche e di pubblico esercizio per moltissime aziende a conduzione individuale e familiare impossibilitate a lavorare con il pubblico a causa del protrarsi dell’emergenza sanitaria globale.

Nella premessa doverosa che nulla giustifica né deve legittimare atti di violenza, la sottolineatura del dibattito in studio si è soffermata sul clima di inevitabile esasperazione degli esercenti di cui una delegazione era collegata con lo studio di Giletti: come ricordato da Ghisolfi, se dopo 14 mesi, e 20 decreti legge, un bar, un ristorante o un hotel forzatamente chiusi si sono visti negare dallo Stato un adeguato risarcimento economico – proporzionato al fatturato perduto –, la disperazione non può che prendere il sopravvento su tutto il resto. Si consideri che si parla di settori, ricompresi nell’acronimo di Horeca (hotel, ristorazione, catering), dove la totalità dei volumi d’affari è perfettamente tracciabile a livello fiscale, per effetto dei molteplici controlli incrociati preventivi, quindi il Ministero delle finanze sa benissimo quanto, sul modello di quanto fatto da altri Paesi civili occidentali come Stati Uniti d’America e Germania, deve essere corrisposto a ciascuna azienda colpita dalla crisi e dai divieti. E non possono essere – è stato ulteriormente puntualizzato da Ghisolfi – ristori unitari da 5000 euro su base annua che non servono a nulla, se non a condannare l’imprenditore alla chiusura definitiva con la conseguenza che il Governo di turno deve farsi carico di costi economici e sociali molto più alti del fatturato che si sarebbe dovuto temporaneamente coprire con il fondo perduto. Perché è quest’ultima la tipologia di finanziamento, e non il prestito bancario come venne infine deciso dal precedente governo Conte 2, che avrebbe dovuto essere adottata a partire da marzo 2020, utilizzando – ha ricordato ancora il Banchiere europeo e saggista finanziario di origini fossanesi – la leva dei fondi a lunghissima scadenza accordati dalla BCE la quale, grazie al “Quantitative Easing” di Mario Draghi confermato da Christine Lagarde, può erogare fino a 280 miliardi all’anno all’Italia per far ripartire pienamento l’economia reale e produttiva, senza che essi impattino sul bilancio dello Stato nel breve o nel medio periodo.

Sulla circostanza che le aziende, soprattutto piccole e familiari, necessitassero di aiuti incondizionati e non a debito hanno concordato quasi tutti gli ospiti politici presenti: anche perché il ruolo di un Governo, in casi simili, è necessariamente sussidiario, complementare e integrativo a quello ordinario di un Istituto bancario, chiamato giocoforza ad applicare i principi del merito creditizio (per tutelare gli stessi risparmi in esso depositati), mentre è di competenza assolutamente statale il sostegno a soggetti economici che, per ragioni connesse a fallimenti di mercato o a crisi sistemiche, si ritrovano a essere “non bancabili”.

Una riflessione che trova l’immediata solidarietà e il sostegno del mondo associativo imprenditoriale, a partire dalla Confedes, la Confederazione datoriale e sindacale presieduta da Ivano Tonoli, altresì segretario politico di Unione Cattolica, in ispirazione alla Dottrina Sociale della Chiesa: Massimo Giletti si conferma un giornalista altamente coraggioso, meritorio e meritevole di ricevere tutto il nostro appoggio, in ragione delle proprie inchieste che svelano ritardi, omissioni e scandali lasciati in eredità dal precedente governo populista, pauperista e giallorosso – dichiara Tonoli – Vicende che, con Draghi a Palazzo Chigi, verranno definitivamente appurate dalle competenti autorità. Allo stesso tempo, come Confederazione datoriale e sindacale di chiara e dichiarata ispirazione Cattolica, siamo massimamente grati all’amico Professor Beppe Ghisolfi che fin dall’inizio della tragica pandemia in atto, dodici mesi fa, mise in guardia gli allora ministri economici sulla necessità di contributi non a debito ma a fondo perduto in grado di reintegrare totalmente i fatturati di interi settori falcidiati dalle chiusure e dall’emergenza sanitaria. Parliamo di settori nei quali il rischio di evasione, per effetto di consolidati controlli incrociati di cui il governo è bene a conoscenza, è pari allo ZERO, e di intere categorie di attività imprenditoriali che rappresentano una fonte di sostentamento esclusivo per una famiglia lavoratrice su quattro e dal 20 al 25 per cento del reddito nazionale. Stiamo tuttora pagando l’eredità avvelenata di Conte e di Gualtieri, i cui insufficienti e risibili aiuti sono peraltro in ritardo per ancora 100.000 destinatari, rimasti in pratica senza un euro da marzo 2020, e che con il loro “decreto liquidità” hanno in maniera subdola addossato alle Banche – alle quali va la nostra gratitudine di associazione di categoria e di Imprese per quanto sono state in ogni caso in grado di fare e di apportare all’economia reale – la responsabilità dei mancati aiuti di esclusiva competenza statale. Il Professor Mario Draghi, a cui ci appelliamo in quanto non riteniamo l’attuale sistema partitico parlamentare legittimato a operare, ha lo storico merito di avere neutralizzato gli effetti di breve e di medio periodo del debito pubblico introducendo il Quantitative Easing: su questa base gli chiediamo interventi immediati di copertura finanziaria per il raddoppio del periodo di preammortamento sui prestiti agevolati e garantiti e per il reintegro automatico dei fatturati nei settori aziendali chiusi dal covid e dai precedenti decreti DPCM. La statistica dimostra che, con un intervento medio di 100.000 euro a fondo perduto per ognuna delle 300.000 imprese che si sono dovute arrendere nel corso del 2020 alla grande crisi recessiva e deflattiva, con un intervento statale di appena 30 miliardi “una tantum” sarebbe stato possibile salvaguardare da subito l’intera economia produttiva diffusa e familiare ed evitare lo stillicidio delle chiusure.