IL LAVORO CHE… C’È!

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Una delle grane che il nuovo governo dovrà affrontare e risolvere al più presto, è quella del lavoro, con il blocco dei licenziamenti in scadenza e le imprese in cig da quasi un anno. In queste ore circola l’ipotesi di una mini proroga dello stop della durata di un paio di mesi, per arrivare al massimo fino all’estate, ma non sarà certo il procrastinare il problema la strada migliore per risolverlo. Oggi in Italia ci sono due milioni e mezzo di disoccupati, ai quali con lo sblocco ai licenziamenti se ne andranno ad aggiungere almeno altri 300 mila. Eppure i dati di Unioncamere dicono che oggi in Italia ci sono 120mila aziende che stanno cercando 730 mila persone e non le trovano. Come è possibile? Dove si inceppa il meccanismo di domanda e offerta? Allora, innanzi tutto guardiamo i dati dei centri per l’impiego, dove viene registrato chi ha diritto all’assegno di disoccupazione o al Reddito di Cittadinanza. Quelle strutture dovrebbero aiutare i disoccupati a ricollocarsi, invece, a fronte di 350 milioni di euro investiti per la formazione, in un anno solo 429 persone hanno trovato un posto di lavoro grazie ai centri per l’impiego. E questo perché purtroppo anche il personale dei centri per l’impiego non è adeguatamente formato. Un altro problema riguarda anche le regioni e le province, che hanno i loro portali con le offerte di lavoro ma non le condividono. Poi c’è un problema che riguarda il Ministero del Lavoro, che non monitora le professioni mancanti, quindi non fornisce indicazioni alle regioni per organizzare la formazione mirata. Le regioni decidono insieme al Ministero dell’Istruzione ed entrambi non pianificano in base a ciò che il mercato chiede ma in base a ciò che le scuole offrono sul territorio. Infine c’è il nodo dei corsi di formazione: i 338 milioni di fondi che ogni anno le regini spendono per la formazione dei disoccupati, finiscono in decine di corsi generici dai quali si esce con in mano un attestato di frequenza e non con un certificato di competenze acquisite. In Italia le regioni hanno vasti potere che si sovrappongono a quelli dello Stato ma con zero coordinamento e alla fine ne esce un corto circuito per cui domanda e offerta non si incontrano. Con il Governo Conte 2 si era avviata la costruzione di un portale nazionale e spero che il governo Draghi mantenga questa priorità. C’è urgente bisogno di una radicale modifica delle politiche attive per il lavoro che devono necessariamente passare per la comunicazione interna alle pubbliche amministrazioni e per lo snellimento di burocrazie obsolete. Non è accettabile non trovare lavoro per un problema di incompetenza del sistema, né che le imprese, che cercano dipendenti, non riescano a individuarli. Aggiungo che anche i sindacati dovrebbero fare la loro parte e, invece di pensare a tutelare solo il posto fisso arroccandosi su posizioni ormai anacronistiche, dovrebbero battersi anche per gli atipici e i disoccupati che hanno gli stessi diritti di chi è più fortunato e un lavoro ce l’ha.