Il ricambio delle classi dirigenti e la lezione del Pd

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Per risanare il Pd dovrebbero andarsene a casa tutti i dirigenti, dal primo all’ultimo. La politica la fanno gli uomini. Per cambiarla devi cambiare gli uomini che la fanno. Punto. Vale per il Pd come per ogni ambito del nostro vecchio e ottuso sistema paese. Affidandosi a Letta, il Pd dimostra di non aver imparato nulla dalla sua eterna crisi o che i suoi dirigenti non hanno in realtà nessuna intenzione di cambiare alcunché. Letta potrà organizzare tutte le assise che vuole e girare le sezioni del partito una ad una, potrà proclamare “nuove fasi” e “rilanci” ma alla fine il Pd tornerà la bolgia correntizia di sempre. Basta guardarsi alle spalle. Scissioni, terremoti, faide. Un segretario dopo l’altro. Eppure il Pd non è cambiato di una virgola. Questo perché se vuoi rinnovare un partito devi rinnovare la sua classe dirigente. Non ci sono scorciatoie. È questa la lezione del Pd. Per arrivare ai vertici di un partito, un politicante deve investire anni della sua vita. Seguire qualche mentore, assorbire logiche e prassi. E solo quando rispecchierà il sistema verrà premiato dallo stesso. Una volta in cima il politicante replicherà gli schemi che ha appreso e che gli hanno permesso di emergere e non ha nessun interesse a cambiare alcunché. Vale per il Pd come per qualunque ambito. Ed è questo uno dei mali più gravi del nostro paese. Il ricambio delle classi dirigenti è fondamentale per l’igiene democratica ma anche per la funzionalità del sistema. Il ricambio favorisce il cambiamento. Nuove generazioni portano mordente, coraggio, desiderio d’incidere sulla realtà e non di conservare l’esistente. Il ricambio delle classi dirigenti favorisce l’emergere di nuove sensibilità e punti di vista e quindi stimola nuove idee e programmi. Solo le generazioni figlie dell’era storica che si vive possono rappresentare genuinamente le istanze del momento ma anche i sentimenti. L’ansia di progresso, la fame. Un paese in mano ai nonni è fragile e stanco e con la testa rivolta all’indietro. Un paese in mano a chi no ha futuro, non ne ha. Il ricambio delle classi dirigenti evita poi la formazione del sempiterno fossato tra potenti e cittadini, tra potenti e realtà. La società è in continua evoluzione e solo con un ricambio frequente si mantiene il passo. In un’era di rapidi cambiamenti come questa è ancora più evidente. L’Italia è ferma anche perché è in mano a classi dirigenti che non appartengono a questo paradigma e non lo comprendono. Il ricambio previene anche personalismi e rivalità tra correnti e capibastone. Sprechi di tempo e di energie. Con beghe personali che si trascinano per decenni e non hanno nulla a che fare coi destini del paese. Il ricambio previene poi la formazione di reti e rapporti di potere che piegano l’interesse collettivo. Il ricambio impedisce anche la formazione di caste e cioè dirigenti che si coalizzano per restare in sella, dirigenti che si arricchiscono e si fanno risucchiare dalle lusinghe dello status ammosciandosi e perdendosi in deliri autoreferenziali. È questa la lezione del Pd. Il ricambio delle classi dirigenti è uno dei mali più deleteri del nostro sistema paese. Un problema culturale prima ancora che politico. Un problema di egoismo delle classi dirigenti ma anche di nuove generazioni che invece di ribellarsi cedono al comodo e più redditizio conformismo. Oggi il Pd si affida a Letta, l’ennesimo salvifico segretario. Ma per risanare e rilanciare il Pd dovrebbero andarsene a casa tutti i dirigenti lasciando spazio alle nuove generazioni. La politica la fanno gli uomini. Per cambiarla devi cambiare gli uomini che la fanno. Vale per il Pd come per ogni partito come per ogni ambito di questo vecchio ed ottuso sistema paese.

Tommaso Merlo