IL SILENZIO ASSOMIGLIA ALL’OMERTA’

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In tempi di pandemia a Caorle, in provincia di Venezia, c’è chi approfitta della crisi e compra alberghi, avendo a disposizione molto denaro contante di incerta provenienza. Quel che è certo è che dopo l’arresto del clan di camorra Donadio si è creato un vuoto di potere nel controllo del territorio. “I casalesi di Eraclea – come scrive Massimo Dianese sul “Gazzettino” avevano un controllo diretto su cantieri della zona del Veneto orientale”. Un controllo che anche a Caorle passava attraverso molti affari condotti soprattutto nel settore edilizio. Una presenza che prima di processi e condanne troppe persone hanno voluto negare e che ora magari minimizzano.
Questa predisposizione a negare assomiglia in fin dei conti all’omertà e, anche se non si fosse d’accordo con questa ipotesi, il risultato è lo stesso: lasciare in pace le mafie. Tredici anni fa, la prima relazione sulla ‘ndrangheta della Commissione parlamentare antimafia guidata allora da Francesco Forgione, scatenò l’indignazione di vertici politico istituzionali di Milano e Torino, avendo segnalato anche in quelle città del Nord la presenza significativa di clan mafiosi. Lo stesso è avvenuto per molti anni in Trentino-Alto Adige, poi c’è stato l’arresto di venti persone l’anno scorso, esponenti di una locale di ‘ndrangheta che agiva da trent’anni fra Trento e Bolzano. Prima di “Aemilia” un silenzio del genere riguardava anche l’Emilia-Romagna. Per non parlare della Val d’Aosta, dove le inchieste sui legami mafie-politica hanno portato molto in alto. Anche il Friuli-Venezia Giulia non è esente, con una presenza iniziata sessant’anni fa, come in Veneto, con decine di soggiornanti obbligati (mafiosi o presunti tali) spediti al Nord per non fare danni e che invece organizzarono la malavita locale e si dedicarono al traffico di droga. Decenni che hanno visto le mafie crescere e trasformarsi in holding criminali, a caccia di legami con imprenditori, politici e funzionari. Nel silenzio generale, che assomiglia molto all’omertà.