Le città vuote

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La prima città a svuotarsi è stata Codogno. E’ il 21 febbraio 2020 quando il piccolo centro nel Basso Lodigiano, 15 mila abitanti, si sveglia con le telecamere puntate addosso. La notte prima, Mattia Maestri, 38 anni, sportivo, manager, è stato riconosciuto come il primo italiano positivo al coronavirus. Il pronto soccorso viene sigillato e poi chiuso, i pazienti che avevano prenotato delle visite rimandati a casa. La cittadina diventa spettrale, le mascherine non si trovano da nessuna parte, il Comune chiude bar e ristoranti e in meno di 72 ore Codogno viene isolata, l’Esercito la circonda: è la prima zona rossa, la Wuhan d’Italia. Mattia è solo il primo caso noto. Il virus corre già incontrollato in tutto il Lodigiano: Casalpusterlengo, Castiglione d’Adda, Fombio, Lodi. In Veneto, a Vo’ Euganeo esplode un focolaio e c’è la prima vittima italiana. Scattano le zone rosse a Vo’ e in dieci comuni del Lodigiano: Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo, e San Fiorano. Si seguono le stesse procedure: scuole e negozi chiusi. L’Esercito presidia la zona, formando una cintura di protezione. Nessuno esce e nessuno entra. Ci si incontra “a distanza” al confine per scambiare cibo e generi essenziali sotto l’occhio attento delle pattuglie. L’allarme si estende a tutto il Paese. Il 23 febbraio comincia il rituale del bollettino di contagiati e morti da parte della Protezione Civile, mentre il 4 marzo il governo decide la chiusura di tutte le scuole. Sarà solo il primo di una lunga serie di provvedimenti che saranno annunciati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte in diretta televisiva e sui social. In tutta Italia si ripetono le scene viste altrove: carrelli pieni e file sempre più lunghe davanti ai supermercati. I tempi di consegna on line si allungano di settimane. E, lentamente, già prima dell’8 marzo quando il lockdown viene decretato, le città iniziano a svuotarsi. Ed eccole, attraversate dal silenzio, strade e piazze vuote. Tante volte ci siamo chiesti come sarebbero state, le città senza traffico, senza le file di turisti, a disposizione magari per qualche ora per qualche bella foto e un po’ d’arte tutta per noi. Adesso sono lì, Firenze vista dall’alto, con le sue tegole rosse, Venezia malinconica e deserta immersa nel blu, il verde di Piazza dei Miracoli a Pisa, la maestosa bellezza di Roma. Si fermano i mercati di Palermo e i vicoli animati di Napoli. Le settimane passano e iniziano i primi cambiamenti: spuntano fili d’erba tra i sampietrini di piazza San Pietro, volpi si aggirano per le strade deserte, papere attraversano in sicurezza i lunghi viali deserti. La qualità dell’aria migliora. Il futuro delle città La pandemia spogliando le città della loro quotidianità ne mette in luce le criticità. Mobilità, inquinamento, turismo sostenibile, temi già discussi sui quali si è espressa l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 2015, nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile con gli obiettivi principali da raggiungere entro quella data. Tra cui l’accesso a un sistema di trasporti sicuro, conveniente e sostenibile, l’urbanizzazione inclusiva e la capacità di pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano partecipativo e integrato. E anche ridurre l’impatto ambientale negativo, prestando attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti urbani e fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri. Urgenze che oggi sembrano non più differibili. Che mondo sarà? “Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo?”, si è chiesto Mario Draghi, al suo primo intervento al Senato. “Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi – ha continuato – sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere cosi'”. Già, che mondo troveremo dopo la pandemia? In tanti stanno provando a dare una risposta, ma quasi tutti sono concordi sul fatto che molto di quello che sarà, dipende da come agiamo oggi.