L’inchiesta di Milano sui riders è una sconfitta della politica

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Che debba essere la magistratura a proteggere il lavoro da forme di moderno schiavismo la dice lunga sul ritardo nel quale siamo precipitati.
il Jobs Act ha aperto le porte dell’inferno all’arbitrio delle imprese come legge naturale, le piattaforme digitali si sono comportate di conseguenza perchè qualcuno gli aveva spianato la strada.
Il mercato del lavoro – termine discutibile in sè – si è trasformato nel supermercato di lavoretti saltuari, retribuiti male, senza orari, ferie e malattie, senza copertura sindacale.
Insomma, l’apoteosi della precarietà.
E, nella pandemia, con l’esplosione delle consegne a domicilio questo si è moltiplicato all’ennesima potenza.
Il giudice Giovanni Greco che ha portato avanti l’indagine su quattro piattaforme di delivery – Glovo, Deliveroo, Just Eat, Uber Eats – vuole comminare una multa multimilionaria e disporre l’obbligo di assunzione per 60000 addetti.
Accanto a questo, imporre l’obbligo per una di queste piattaforme di pagare le tasse nel nostro paese.
Qualcosa di rivoluzionario.
I fattorini non sono lavoratori autonomi, ma lavoratori subordinati e, come tali, hanno il diritto di godere pienamente delle tutele di un Contratto collettivo, non di essere pagati a gettone.
Confesso che gli esiti di questa indagine mi emozionano, mi appare come uno spartiacque nella lunga sequenza di passi in avanti e di passi indietro – purtroppo negli ultimi anni sempre più frequenti – nella giurisprudenza lavoristica.
Qualcosa che ricorderemo.
Eppure, questa novità impone al Parlamento e alla politica di riprendere a correre, di riprendere il comando della partita.
Non bastano provvedimenti parziali: serve un nuovo statuto dei lavoratori e delle lavoratrici.
Serve uno strumento che riporti il lavoro ad essere un vettore di cittadinanza e di emancipazione, non una condanna allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Il tempo è ora.