L’occasione per ridisegnare un’Italia sostenibile e che guardi al futuro

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I cambiamenti del clima sono sotto gli occhi di tutti, ma l’ambiente resta un tema quasi sconosciuto. La sua presenza nel dibattito politico rimane, molte volte, ferma ai proclami. E l’inserimento di tematiche correlate in agenda sembra quasi fatto con inchiostro molto delebile. Eppure i fenomeni atmosferici si stanno caratterizzando sempre più per la loro intensità. Ne sono uno esempio di questo fatto: piogge che si trasformano in bome d’acqua, fiumi che esondano con regolarità, caldo intenso. Nel 2020 ci sono stati in Italia 1499 eventi meteo climatici estremi, stando al database europeo che li monitora, ossia circa 4 eventi al giorno. Si deve tenere presente che un clima con temperature in aumento fa incrementare l’energia in atmosfera e perciò i nubifragi aumentano per intensità.

Nel nostro Paese, tra l’altro, molte infrastrutture sono ferme agli anni Ottanta, come a rappresentare in contrapposizione ai cambiamenti del clima, l’immobilità di un Paese.

Anche le opere per mitigare il rischio esondazioni e frane sono ferme. Ma circa il 79% del territorio di tutto lo Stivale presenta delle criticità dal punto di vista idrogeologico. Però nonostante tutto la cementificazione del suolo cresce. Infatti, stando a un report dell’Ispra ogni secondo 2 metri quadrati di terreno vengono ricoperti di cemento. In Italia, inoltre, sono già stati sottratti a fiumi e torrenti quasi 20.000 chilometri. Sarebbe necessario, in questo quadro, un grande piano di mitigazione del dissesto.

Il Recovery plan dovrà ricoprire un ruolo da protagonista per un potenziamento delle infrastrutture, migliorare la vivibilità delle nostre città, salvaguardare i territori, i trasporti e permettere un rilancio dell’economia – gravemente colpita dalla pandemia Covid-19 – riducendo gli impatti ambientali e razionalizzando le risorse per il bene di tutta la popolazione.

In questo periodo si parla molto di come verranno ripartiti i fondi per le varie cartelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per utilizzare i 209 miliardi di euro del Next Generation Eu. Con questi fondi è possibile “ridisegnare” l’Italia e definire un percorso di rilancio: garantire una leva di innovazione dell’economia e una nuova proiezione dei territori, la riduzione del divario digitale, del gap della mobilità, aumentare i servizi di prossimità, puntare sulla formazione e una vera rigenerazione urbana per migliorare la vita di tutti. Ma per far concretizzare tutto ciò è necessaria una chiara visione d’insieme. Come specificato a livello europeo, se i governi non rispettano tempi e obiettivi da loro stessi indicati, le rate semestrali potrebbero non essere versate.

Sulla strada della sostenibilità – solo per fare esempio -, e ascoltando i bisogni reali, si dovrà porre molta attenzione a migliorare la qualità del trasporto pendolare e della mobilità urbana (ed extra urbana); poiché negli ultimi dieci anni sono state tagliate il 20% delle risorse.

Infrastrutture materiali, digitali e sociali necessitano, adesso più che mai, di una visione integrata del territorio; come un bene fondamentale da preservare e una risorsa di sviluppo. Queste opere dovranno avere ricadute sociali e occupazionali sulla comunità. È fondamentale, pertanto, non solo trovare una via di uscita dalla crisi, ma spezzare anche la gabbia del presente e fissare un appuntamento certo e concreto con il futuro. Il Recovery plan è l’occasione imperdibile per creare un paese che si muove compatto e unito verso un futuro condiviso.

Oggi il mondo è afflitto da quattro crisi: sanitaria, climatica, economica e sociale. Le soluzioni, trattandosi di fatti reali, è poco probabile che potranno provenire da un manipolo di presunti migliori, o da cinematografici eroi soli al comando. Ma le soluzioni dovranno provenire da coloro che sapranno leggere (e ascoltare) il presente e guardare in faccia il futuro con consapevolezza.