Meluzzi: una psicoinfopandemia sta uccidendo economia e libertà

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meluzzi
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“Il Covid non è un virus letale, ma una psicoinfopandemia, che sta uccidendo la società, la libertà e l’economia”. “La storia scoprirà il “cui prodest”, il regista che ha architettato l’emergenza mondiale del Coronavirus”.

Meluzzi, come sta vivendo l’emergenza legata alla pandemia?

Abbastanza serenamente, grazie, nonostante ci costringano a vivere in uno stato di allarme permanente dal mese di marzo, un clima psicoinfopandemico, come l’ho definito io, che durerà credo fino al mese di maggio dell’anno prossimo. Poi, fra la bella stagione e l’immunità di gregge, in parte naturale, in parte dovuta ai vaccini, forse torneremo a respirare a pieni polmoni.

Ha paura?

Credo che le mie probabilità di morire di infarto, o per un incidente stradale, siano molto più elevate di quella di morire di Covid.

Il Covid è solo un virus letale?

Il Covid non è un virus letale. I virus letali sono quelli dell’Ebola, della Sars, delle febbri emorragiche africane. Il Covid è un virus che, rispetto a quelli che contagia, produce un novanta per cento di casi asintomatici. Fra questi, solo il cinque per cento si ammala di una polmonite interstiziale, che diventa letale solo nello 0,3. Definirlo un virus letale è una cosa bizzarra.

Non letale, lei dice. Letali sono, invece, a suo giudizio, mi pare lo abbia già accennato in passato, alcuni effetti collaterali, esterni al virus?

Abbiamo avuto, lo ripeto, una psicoinfopandemia, prodotta da un’immensa amplificazione mediatica, informatica, geopolitica e sociale. Nel nome di una malattia grave, ma non gravissima, abbiamo distrutto una società e un’economia.

Che cosa pensa dei virologi che, anziché mettersi d’accordo su un protocollo di cura unico, litigano in tv come delle comari?

Noi parliamo di virologi, ma di virologo vero ce n’è uno solo ed è il professor Palù. Ci sono degli igienisti, degli infettivologi dei burocrati della sanità pubblica, degli immunologi, degli allergologici come Roberto Burioni. Vale un motto che io appresi più di quaranta anni quando studiavo medicina: “turba medicorum mors certa” (troppi medici, morte certa).

A proposito di “turba medicorum”, lo sa che il Comitato Tecnico Scientifico è composto da venti burocrati provenienti dalla varie ramificazioni della sanità pubblica e solo cinque “scienziati”, di cui nessuno è un infettivologo o un anestesista, cioè con un’esperienza diretta di malattie e malati?

E i risultati si vedono, o no?

C’è chi parla di danni sociali. Come sarà Meluzzi il mondo il mondo, dopo il lavoro da remoto, l’insegnamento a distanza e quello che hanno, forse emblematicamente, chiamato, distanziamento sociale?

Vedo i danni già provocati. Sono aumentati i suicidi, dal dieci al quindici per cento, a seconda delle statistiche, i femminicidi, le sofferenze neuropsichiatriche infantili, i trattamenti sanitari obbligatori, l’uso di neurolettici, ansiolitici e antidepressivi. Siamo dentro un mondo molto peggiore di quello in cui eravamo, prima di questa situazione paradossale.

Il tessuto sociale si sta sgretolando?

Gli effetti futuri sono imprevedibili. Io, però, sono convinto che, cessato questo stato di allarme, i giovani torneranno ad abbracciarsi, le famiglie in qualche modo si ricomporranno. Il problema è uscire in fretta da questo incubo.

Che cosa, in questi mesi, l’ha indignata di più?

L’approssimazione, il dogmatismo, le misure assurde, i rituali, come le mascherine all’aperto in condizioni di ampio distanziamento sociale, le prescrizioni che non hanno nulla di utile, da nessun punto di vista, che servivano e servono solo a riaffermare i sacri principi.

Misure assurde, secondo lei. Quali sarebbero, a parte le mascherine da indossare anche nei vialoni di campagna?

Ad esempio, costringere qualcuno dentro un comune di trecento abitanti, quando il resto della famiglia vive in altro comune di trecento abitanti, con magari solo una fattoria a far da confine. Parliamo veramente di follia burocratica.

Se fosse lei a decidere, da dove comincerebbe?

Comincerei da una cosa semplicissima, da quello che, secondo me, si sarebbe dovuto fare dall’inizio. Curare seriamente quelli che si ammalano e lavorare per arrivare, il più fretta possibile, all’immunità di gregge.

Meluzzi, alla fine della fiera, prova a sintetizzare quello che il Covid ha comportato in Italia e nel mondo?

Il trionfo della Cina, la caduta di Donald Trump, la burocratizzazione totale dell’economia europea, il trionfo di una visione di controllo e di repressione delle libertà civili. Mi dica lei se possiamo non pensare al “cui prodest”… Pensiamoci pure, ne ha facoltà… Sembrerebbe l’opera di un unico regista. Un cosa è, però, certa. La regia ha funzionato bene.

E chi potrebbe essere questo fantomatico regista?

Ce lo dirà la storia, ce lo dirà, forse, direttamente il “cui prodest”.