Milleproroghe, gli ambientalisti al governo: non bocciate l’abbandono delle trivellazioni

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Indiscrezioni di stampa danno per probabile che il Consiglio dei ministri convocato per oggi respingerebbe la norma sull’abbandono delle trivellazioni e Wwf, Legambiente e Greenpeace dicono in un comunicato congiunto che «Sarebbe una scelta non coerente con gli impegni assunti con l’Europa».

Le tre grandi organizzazioni ambientaliste italiane sottolineanbo che «La norma sul progressivo abbandono delle trivellazioni di gas e petrolio in Italia, a cominciare da quelle nei nostri mari, proposta dal Ministero dello sviluppo economico, infatti, va nella giusta direzione della decarbonizzazione della nostra economia richiesta dall’Europa con l’European Green Deal e soprattutto con lo strumento Next Generation EU che assegna all’Italia nel suo complesso 209 miliardi di euro (il 37% da destinare ad azioni per il clima) e respingerla in Consiglio de Ministri vorrebbe dire contraddire le scelte green del Governo concordate con l’Europa».

Greenpeace, Legambiente e Wwf ricordano che «E’ dall’ottobre 2019 con una lettera aperta congiunta al Ministro Stefano Patuanelli che le tre associazioni chiedono una varare moratoria nazionale e il progressivo abbandono delle estrazioni di gas e petrolio, come fatto dalla Francia nel 2017, e richiamano i vantaggi economici della creazione di una filiera economica per lo smantellamento, la bonifica, il recupero e il riuso dei materiali delle piattaforme e dei pozzi a terra e a mare, che assicuri la giusta transizione verso un’economia verde».

Nel mare italiano ci sono numerosi relitti di piattaforme non produttive da smantellare – nel 2018 il Mise e gli ambientalisti ne avevano individuati almeno 34 – e di servitù petrolifere che mettono a rischio l’ambiente e i settori economici che vivono delle risorse naturali, colpiti duramente dalla pandemia di Covid-19: solo nel settore della pesca sono 60mila gli addetti in Italia e di turismo costiero vivono almeno 47mila esercizi.

Greenpeace, Legambiente e Wwf concludono evidenziando che «Il settore dell’estrazione di gas e petrolio sul territorio nazionale (tutte le riserve petrolifere nei nostri mari coprirebbero il fabbisogno nazionale solo per 7 settimane – dati Mise) sopravvive artificiosamente per i numerosi incentivi, sovvenzioni e esenzioni che lo tengono forzosamente in vita: una per tutte l’esenzione dal pagamento dell’aliquota, al netto delle produzioni, per le estrazioni che arrivino sino 20 milioni di Smc di gas e 20.000 tonnellate di olio prodotti annualmente in terraferma, e i primi 50 milioni di Smc di gas e 50.000 tonnellate di olio prodotti annualmente in mare. Un vero e proprio sussidio ambientalmente dannoso che sottrae alle casse dello Stato e alla comunità nazionale almeno 40 milioni di euro ogni anno (Catalogo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi e Favorevoli – 2018)».

Intanto il Coordinamento No triv si scaglia contro i contributi alla transizione del settore della raffinazione inseriti nel disegno di legge di Bilancio: «Maggioranza e opposizione si accordano ed approvano in commissione Bilancio un emendamento inizialmente accantonato, oggetto di riformulazione di un emendamento a firma Pestigiacomo, già cassato in luglio nel corso della discussione sul DL Rilancio, che prevede nuovi sussidi al settore della raffinazione». Secondo i N o Triv, «L’ammontare dei nuovi sussidi/aiuti di Stato ce lo fornisce la Prestigiacomo nel testo dell’emendamento non riformulato, stimato in 200 milioni di euro l’anno a partire dal 2021. Il partito trasversale dell’Oil&Gas, che vede uniti in un sol blocco forze di maggioranza e di opposizione, sindacati maggioritari ed Unem-Confindustria, sposa la linea della aiuti di Stato a favore di un settore (13 raffinerie in tutto, di cui 2 bio, e 21.000 occupati diretti) in crisi strutturale da almeno quindici anni a questa parte, ben rappresentato nelle principali aree di crisi ambientale (Sin) del nostro Paese (Taranto, Gela, Milazzo, Porto Torres, Falconara Marittima, ecc.) in cui si registra un tasso di mortalità superiore del 4-5% rispetto alla media nazionale».