Ministro in aula o non gli daremo tregua

0
61
zingaretti
zingaretti

Anche sulla Russia la strategia di Salvini è sempre la stessa, la fuga. Ogni volta, da bravo illusionista, sposta l’attenzione dai problemi veri del momento e occupa il dibattito pubblico con discussioni surreali. Stavolta non gli daremo tregua: Salvini o Conte devono venire a riferire in Parlamento. Nel frattempo i due vicepremier Salvini e Di Maio continuano a litigare su tutto e sono uniti solo dal potere. È ora di mandarli a casa amore dell’Italia. Il Partito Democratico è l’unica alternativa possibile, vicino alla vita e ai bisogni veri delle persone. Per la sostenibilità sociale e ambientale

Nicola Zingaretti, pochi mesi fa in Austria il Russia-gate che ha coinvolto il leader sovranista locale è costato la caduta di un governo. In Italia il governo Conte, alias Salvini, va avanti senza problemi. Dov’è l’errore? «Sia chiaro, noi non daremo tregua a Salvini finché lui o Conte non verranno in Parlamento a riferire nella sede propria la loro versione».

Salvini dirà: non ho preso rubli, Savoini non parlava a nome mio. «La Procura, e non la politica, dovrà accertare la verità sulla presunta tangente di 65 milioni alla Lega trattata da uno stretto collaboratore del ministro degli Interni. Il quale, però, in maniera goffa ha preso le distanze da questo signore quasi non lo conoscesse, smentito da centinaia di foto ed eventi. Salvini ha anche negato di aver fatto invitare Savoini nelle delegazioni ufficiali ma è stato smentito da Palazzo Chigi. Davvero credono che si possa discutere in Parlamento un decreto sicurezza promosso da un ministro che dice bugie?».

Conte smentisce Salvini su Savoini. Ma sulle sanzioni alla Russia la pensa come lui. «Se il primo ministro si illude di lavarsi le mani indicando nel suo ministro il responsabile del falso non ha capito che si sta dando la zappa sui piedi. Le responsabilità del governo sono palesemente comuni. Il presidente Fico e la presidente Casellati come possono pensare che il Parlamento non sia informato?».

Anche Fico è andato a Mosca poche settimane fa auspicando la fine delle sanzioni. «Sul rapporto con la Russia c’è il punto su cui occorre dal governo la massima chiarezza. Savoini ha detto in un incontro registrato, che l’obiettivo dell’alleanza delle destre europee capeggiata dalla Lega è quella di boicottare l’Europa e di superare le storiche alleanze internazionali costruite dalle democrazie liberali nel dopoguerra. È questa la linea del governo? L’obiettivo oltre che l’Europa è un superamento della Nato?».

Diciamo la verità: c’è il rischio che anche stavolta Salvini non paghi dazio. «Non ha avuto nemmeno il buon gusto di dire che, soldi o no, Savoini in quel nastro dice cose gravissime. La strategia di Salvini è sempre la fuga. Da bravo illusionista ogni volta droga il dibattito pubblico con dibattiti surreali – le ong, i mini-bot, i rom -rimuovendo i problemi veri sul tappeto. Ma stavolta non funzionerà e sa perché?

Perché? «Non so se il governo cadrà per il Russia-gate. Ma so che Di Maio e Salvini devono andare a casa perché hanno fallito e tradito gli italiani. Il governo è sorretto da una maggioranza numerica unita solo dalla paura di lasciare il potere. Per il resto nulla. Non dico una visione comune, ma nemmeno un programma. Ormai si litiga su tutto: fisco, sicurezza, autonomia e regionalismo, cantieri. I due vicepremier dopo aver negato per settimane l’esigenza di una manovra correttiva per evitare la procedura d’infrazione, erano assenti dalla riunione del Cdm che l’ha varata. Avevano paura di ammettere che i conti sono saltati e la crescita si è fermata. C’è un rischio molto concreto che la contropartita per evitare l’aumento dell’Iva possa essere un massacro dei servizi pubblici essenziali con netti tagli alla scuola e alla sanità».

I sondaggi dicono: Lega sopra il 35 per cento, Pd sotto il 25? E questo senza contare le altre forze del centrodestra. Come lo recupera il distacco? «Noi non sconfiggeremo mai la destra solo criticandola. Questo soddisfa ed eccita quelli già convinti. Con tutto il rispetto, non basta. Il 4 marzo del 2018 erano se non ricordo male il 18% degli italiani, un po’ pochini, e abbiamo regalato l’Italia alla peggiore destra europea. Noi dobbiamo ricostruire la fiducia e una empatia sulla possibilità che esista una alternativa. E anche qui, con tutto il rispetto, ci vuole qualcosa di più che un tweet azzeccato. Il tweet che attacca e colpisce Salvini attacca e colpisce anche chi si sente rappresentato da lui. Possibile che nessuno lo capisce?».

Se abolisce i tweet azzera il contributo intellettuale di buona parte della nomenclatura Pd. «Io voglio il nuovo partito digitale, non il partito dei social e una presenza nei luoghi della vita. Il Pd non si ricostruisce né con Twitter né con le alchimie politiche. Io dico a tutti: non aspettate che il Pd cambi. Cambiatelo. Venite. Sporchiamoci le mani. Io il Pd lo voglio rimettere nelle mani della gente. Stiamo tornando nei luoghi dove vive l’Italia quella che primeggia e quella che soffre».

Molti la accusano di essere troppo tiepido nel linguaggio e nelle proposte. «Noi non siamo silenti. Siamo oltre il 23 per cento. Non basta? No, ma non fermiamoci. Nessuno credeva nelle primarie, perché dicevano il Pd era morto e abbiamo portato al voto 1.600.000 persone. Abbiamo fatto una lista per le Europee che ha contribuito a respingere l’ondata nazionalista: il presidente del Parlamento europeo non è Marie le Pen ma David Sassoli».

Ma cosa offre il Pd agli elettori? «Meno tasse sul lavoro, scuola gratuita dagli asili nido alle rette universitarie per le fasce sociali più deboli, 50 miliardi da investire nel verde e 10 nella sanità anche per assumere. Ricostruire una politica industriale degna di questo nome e sbloccare miliardi di investimenti per le infrastrutture. La Costituente delle idee sarà il processo per la costruzione dell’alternativa a questo governo di incapaci. Chiamiamo le persone, le associazioni imprenditoriali, i sindacati, gli amministratori, il civismo e la politica che si organizza nei territori a discutere e a costruire il futuro sulla base del nostro Piano per l’Italia. Il nostro Pd sarà il partito italiano della sostenibilità ambientale e sociale».

Come quello che vuole fondare Sala? «E vorrà dire che ne avremo due…(ride,ndr)».

E il leader? Lo fa lei? Lascia il posto a un altro? «Il nostro è un salto culturale che dobbiamo compiere: partire dalle idee».

Renzi l’ha già ammonita: senza leadership chiara e condivisa non si va da nessuna parte. «Assicuro che quando sarà il momento di votare candideremo la donna o l’uomo che avrà più chance per vincere».

A proposito di Renzi. Ma davvero vuoi dirci che non c’è un problema di convivenza? «Ho apprezzato molto il suo convegno sulle fake news che avvelenano i pozzi del dibattito pubblico. Non ho motivi per criticarlo. Critico chi guarda con insofferenza la mia voglia di costruire unità. L’unità non è un feticcio, ma uno strumento indispensabile per essere più forti».

Ha promesso una rivoluzione contro le correnti interne? Non ci sperano in tanti. «Il Pd non si ricostruisce sulle alchimie. Mi permetto di dire a tutti: non aspettate che il Pd cambi. Cambiatelo. Con la Costituente bastano tre persone in un ufficio, un quartiere, una fabbrica, una scuola. Ci si registra e si comincia».

La Costituente può concludersi con il lancio di un nuovo soggetto? «Oggi si deve parlare: tutto ciò che può allargare e arricchire un campo di alleanze è il benvenuto. Tutto ciò che divide e si fonda sulle polemiche puzza di vecchio».