Nove conversazioni filosofiche tra cielo e terra

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“Tra cielo e terra” (Centro Eucaristico, 2023) è una raccolta di nove brevi saggi che l’autore, Claudio Sottocornola, ha redatto per la rivista “Il Cenacolo” nel 2022, nella rubrica che ha per titolo “Lo sguardo filosofico”, e che ora, nella versione integrale, più articolata, vengono proposti in silloge. In rapporto al pubblico della rivista, interessato a tematiche relative al senso, ma variegato quanto a formazione, l’autore ha cercato di ottemperare alle due esigenze di rigore della ricerca e di chiarezza divulgativa, in modo da essere comprensibile per ogni tipologia di lettore

Claudio Sottocornola non è nuovo del resto al connubio ricerca-divulgazione. Come docente di Filosofia e Storia si è infatti abituato alla trasmissione del sapere anche ai più giovani, come ricercatore ha sviluppato un interesse spiccato per l’attualità, da sempre per lui punto di partenza dell’indagine filosofica, nella quale ha utilizzato musica, poesia, immagini, per parlare a un pubblico trasversale, nelle scuole, nei teatri e nei più svariati luoghi del quotidiano. Quanto ai contenuti dell’indagine, egli ha praticato tre piste prevalenti di ricerca: l’autobiografia intellettuale, l’ambito della cultura pop(ular), la crisi e ricontestualizzazione del sacro nella contemporanea civiltà occidentale.

“Tra cielo e terra” fa parte di quest’ultima parte della sua indagine, e lancia la sfida di tornare a pensare l’insieme, la totalità, l’orizzonte, nella ricerca del senso sotteso alla comune esperienza umana.

Convinto che occorra raccogliere tanto gli stimoli del pensiero debole quanto l’eredità della metafisica e del pensiero classico, Sottocornola si orienta in una ricerca della verità come orizzonte inclusivo, rispettoso delle diverse voci e prospettive che concorrono a esprimerla, in un approccio che si qualifica dunque come ermeneutico, plurale, inclusivo. Il rapporto fra conoscenza e amore, la ricerca della bellezza, la contemplazione della morte, il rapporto fra piacere e dovere, l’accettazione del quotidiano e dei suoi limiti, l’enigma del male, la violenza nella Storia, il senso del lavoro, la perdita della gioia nella società contemporanea sono i temi scelti, a circoscrivere l’ambito di una crisi di civiltà che interpella tutti noi e abbisogna di strumenti interpretativi nuovi.

Distinguendo fra scienza e sapienza, l’autore auspica una riscoperta della seconda, come indagine sul senso della vita, ed un recupero delle metodologie proprie al sapere umanistico, che rivalutano soggettività, emozioni, sentimenti, al fine di superare la parcellizzazione della conoscenza che caratterizza il modello tecnico-scientifico oggi prevalente, che necessita di essere integrato da una prospettiva più ampia.

 

E dichiara, nella Introduzione all’opera: “[…] ho sempre ritenuto che il compito di chi ama la sapienza non sia solo quello di studiare e trasmettere, ma anche di meditare, come voleva Confucio, perché la consapevolezza umana si svolge, cresce, coglie aspetti diversi e genera nuove esperienze della realtà. […] E mi accorgo che, per fare ciò, occorre tornare a pensare l’insieme, la totalità, che tuttavia oggi declinerei più come orizzonte, come apertura ermeneutica al senso, che non pretende di esaurirne la vastità, ma al più di restituirne una scintilla, una manifestazione, una evocazione capace di orientare il nostro cammino.

 

[…] Ecco perché in tempi di pensiero debole e di un tardo capitalismo avvitato su produzione e consumo, tempi che diffidano del senso, percepito come costrittivo e ideologico, e si affidano alla soddisfazione del bisogno, e dunque alla soluzione economica dei problemi, mi è sembrato utile condurre un paziente lavoro di ricerca – entro queste condizioni storiche – di un senso possibile, chiaramente non più recuperabile nelle forme del diktat, della presunzione di possesso della verità integrale, di una illusoria ed esaustiva definizione dei suoi perimetri, ma piuttosto come contributo discreto e integrabile da altre prospettive, sinergico dunque alla pluralità delle posizioni teoretiche, ma anche esistenziali e pratiche”.

In questa ricerca Sottocornola si muove attento agli stimoli più eterogenei che giungono non solo dal pensiero classico e medievale, ma anche dall’esistenzialismo novecentesco, e in particolare da Heidegger, da una modernità spaziante da Cartesio a Kant, si lascia poi affascinare dalla letteratura (per esempio Leopardi), coinvolgere dal pensiero della crisi (Marx e Nietzsche soprattutto), indugia infine su pensiero debole, postmoderno, e cultura pop.

 

Vi è poi un orizzonte, un humus sotteso a tutto il percorso, che attinge alla grande tradizione spirituale cristiana (e tuttavia intercetta anche altre esperienze), in cui l’autore individua un tesoro ermeneutico, relativo al senso, che egli intende come significativo a prescindere da eventuali appartenenze confessionali, e il cui abbandono a favore di modelli consumistici ed edonistici egli ritiene causa di un impoverimento antropologico complessivo che attraversa l’intera nostra civiltà. L’aspetto interessante è che l’approccio ermeneutico utilizzato impone una tabella di marcia che prende il via dai dati del presente, del vissuto, dell’attualità, per cui l’analisi non parte mai dalla teoria, ma dai problemi, dalle tematiche vive e urgenti per l’uomo di oggi, che vengono analizzate e sviluppate alla luce della tradizione speculativa, che torna così a farsi – come era all’origine – riflessione esistenziale, ovvero tentativo di rispondere ai grandi interrogativi e a alla domanda di senso dell’uomo.

Si parla di perdita della gioia, dell’innaturale dissidio fra conoscenza e amore, che separa l’ordine cognitivo da quello affettivo, di una alienazione del lavoro competitivo e impersonale della civiltà tecno-capitalistica, della necessità di saldare vita e morte in una nuova consapevolezza esistenziale, di come dare spessore, valore e qualità al nostro quotidiano in una disamina che rifugge dai toni accademici, eppure ha i caratteri di una indagine mai scontata, di una radicale speculazione sui nodi dell’oggi.

Ancora Sottocornola annota. “… a me pare che la molteplicità delle prospettive cognitive e, appunto, relative al senso, di cui oggi possiamo disporre, non consenta più una visione trionfalistica della verità, come certo patrimonio di una parte di umanità, ma orienti e predisponga a definire la verità come un orizzonte ontologico che si può approssimare da esperienze diverse, dalle prospettive più inconsuete, da punti di osservazione anche distanti, in una prospettiva di umiltà e di caritas che, riconoscendo il carattere situato della propria posizione, si apra al dialogo, alla conversazione, alla valorizzazione dell’altro, come correlato essenziale all’arricchimento della propria visione. […] Ricordo che qualcuno ha definito il filosofo come “un musicista privo di abilità musicale” e, dunque, se quella di una sinfonia è l’aspirazione che muove il filosofo nell’elaborare scenari teoretici, allora l’ambizione che muove il mio ambiente musicale sarebbe quella di stimolare chi mi legge a formulare a propria volta una sua autonoma visione, certo che la polifonia sia vocazione intrinseca alla ricerca della verità”.

Il testo si muove dunque fra riflessione, esistenza, interiorità, e sembra orientare all’esperienza del pensiero come esperienza spirituale, percorso di consapevolezza sulla via di una conversione o illuminazione dell’intelligenza nel riconoscere la trascendenza che la abita.