Oggi è il Giorno del ricordo

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Data scelta a simbolo della necessità di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Per molto tempo, troppo in ogni senso, la vicenda di quel confine, il più estremo verso Est della penisola e quello dove guerra e dopoguerra si sono prolungati in una misura sconosciuta al resto della nazione e in qualche misura dell’Europa tutta, per molto tempo dicevo su quelle pagine di storia pochi hanno sollevato il velo.
Lo hanno fatto gli storici, spesso in modo meritevole. Naturalmente quel velo non era mai calato nella coscienza di quanti quella parabola e le sue tragedie avevano vissuto, condiviso e trasmesso.
Credo abbiano sempre un peso enorme le radici del nostro vissuto. Voglio dire che conta il luogo dove nasci, cresci, e conta il tempo che ti è dato da attraversare. Io sono nato e cresciuto in quella terra, da casa dove abitavamo alla Risiera ci si poteva andare a piedi o in pochi minuti d’auto. Per la Foiba di Basovizza il tragitto era un po’ più lungo dovendo salire in Carso, ma erano siti, luoghi appunto, a portata di passo, dunque di memoria.
Poi, molti atti, parole, gesti, immagini si sono sovrapposti. Da ultimo, a luglio scorso, quella dei presidenti di Italia e Slovenia, Sergio Mattarella e Borut Pahor, tenersi per mano dinanzi a due luoghi simbolo. La lapide che ricorda l’uccisione dei quattro giovani fucilati nel 1930 perché si opponevano alla “italianizzazione forzata” dei fascisti su sloveni e croati, e il monumento eretto alla foiba di Basovizza.
Prima c’erano state le radici del nazionalismo, incubatrici degli odi e dei lutti collettivi della prima metà del ‘900. Prima c’era stato l’incendio del Narodni Dom nel 1920, la casa della cultura slovena.
Poi, finita la guerra, l’esodo istriano, il dolore del distacco, le masserizie, mobili e affetti, traslocati e ammassati nel Magazzino 18, sorta di museo evocativo a lungo rimosso.
Nel 2025 Gorizia – Nova Gorica sarà Capitale europea della cultura e, come scrive Guido Crainz, il luogo che più evoca le divisioni del passato diverrà simbolo della costruzione del futuro.
Tutto questo è accaduto lassù, a cavallo di quel confine. Ma proprio per la portata e profondità del dolore patito, delle vittime cadute, la sola cosa che non si può fare è strappare la Storia secondo misura, cancellarne pagine, confondere aggressori e aggrediti, sovrapporre le parti in causa e le loro ragioni calpestando il tanto di verità sulla barbarie nazista e il funebre corteo spinto sino a estirpare le radici della nostra civiltà.
Pietà per tutte le vittime. Senso del rispetto nei confronti di eventi che per alcuna ragione si possono ridurre a calcolo.
Ricordare la tragedia delle foibe e l’Esodo, collocare quegli eventi nella cornice storica del loro accadere, a compimento di una guerra sciagurata, delle violenze fasciste e naziste sulla popolazione slovena, riconoscere i crimini che scortarono l’epilogo e i postumi di quel conflitto, le foibe tra quelli, è una forma di rispetto di noi.
Ancora Guido, “Solo la piena memoria di quella tragedia può portare al suo superamento, può costruire l’Europa”.
Ciò che va respinto è l’uso strumentale, fazioso, il racconto alterato di una vicenda tanto lacerante e dolorosa. Questo utilizzo della Storia a fini di parte diviene, al fondo, un modo per perpetuare il male imposto o subìto, e nessuno può pensare che farlo aiuti a tessere una trama di verità.
Per chi tra voi, nati lontano da lì, volesse capire meglio, capire di più, forse merita leggere “Foibe” di Jože Pirjevec, con contributi di Gorazd Bajc, Darko Dukovski, Guido Franzinetti, Nevenka Troha, Einaudi 2009. Oppure approfondite testi e interviste di Roberto Spazzali, Raoul Pupo, Paolo Segatti, Guido Crainz e del mio vecchio e compianto amico e maestro, Stelio Spadaro.
Un abbraccio