Pillon: una riforma che offende le donne, i minori e la civiltà

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Nel contratto di governo, firmato Lega e Movimento 5 Stelle, è prevista una retrograda riforma del diritto di famiglia. Nell’agosto 2018 è stato presentato un progetto di legge, il numero 735, meglio conosciuto come Ddl Pillon dal nome del senatore che lo ha firmato per primo.

Il senatore Pillon si presenta subito come cattolico ultraconservatore (come se questo potesse giustificarlo) ed è stato uno degli organizzatori del Family Day.

I punti principali che il disegno di legge regolamenta sono:

Presenza obbligatoria di un mediatore familiare professionista che dialoga con le parti e i rispettivi legali per questioni che riguardano la separazione e i figli minori. La mediazione familiare è un procedimento informale e non giudiziale. Il primo incontro sarà gratuito, mentre il secondo sarà a carico dei genitori.
I genitori dovrebbero raggiungere un “piano genitoriale” in cui deve essere specificato cosa il figlio debba fare o non fare, che scuole frequentare, che sport praticare, dove vivere. Fermo restando che alternerà le case dei genitori.

Nel caso in cui i genitori non dovessero arrivare a nessuna conclusione, interverrebbe il mediatore familiare.

La presenza del minore agli incontri con il mediatore familiare sarebbe a discrezione dei genitori.

Pertanto, i costi per il divorzio aumenteranno, e il minore, il principale protagonista della storia, avrà un ruolo assolutamente marginale. I genitori giocheranno a risiko con il mediatore per decidere la cosa migliore per lui…

Equivalenza del tempo trascorso con i figli (“bigenitorialità perfetta”) e creazione del piano genitoriale: durante la mediazione familiare viene creato dai genitori un progetto che delinea le attività svolte dal figlio minorenne, inoltre viene stabilito il doppio domicilio presso la dimora di ciascuno dei genitori.
Il testo della riforma dice: ”deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non di meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre”, il bambino avrà due case, si spera vicine tra loro e rimbalzerà tra una e l’altra ogni 3 giorni circa, le sue attività scolastiche ed extra scolastiche, dovranno tenere conto della doppia dimora e si dovrà sperare che entrambi i genitori potranno seguirlo allo stesso modo.

Abolizione dell’assegno di mantenimento e casa familiare: viene eliminato l’assegno di mantenimento. In caso di immobile cointestato il coniuge che resta a vivere nella casa familiare pagherà un indennizzo all’intestatario dell’immobile, in caso contrario il coniuge dovrà abbandonare l’immobile. L’assegno di mantenimento si rivelerà inutile perché Il bambino, rimbalzato tra le due case, verrà accudito per metà da ognuno dei genitori, che dovranno garantirgli lo stesso tenore di vita.

Oltre agli evidenti limiti del ddl, che ha sollevato non poche critiche, l’aspetto che più preoccupa è la scarsa attenzione verso le vittime di violenza domestica in quanto rende ancora più tortuosa (anche economicamente) la strada per una donna e madre vittima di abusi che voglia separarsi da un marito violento.

Nella proposta la mediazione familiare è obbligatoria e non ne è prevista l’esclusione nei casi di violenza domestica, e viene specificato che ci saranno serie condanne per le “accuse di violenze e abusi evidentemente falsi”. Il decreto però non specifica i metodi di verifica delle accuse, che potrebbero essere emersi nella mediazione familiare, che è un intervento privato, inoltre costringerebbe la vittima a negoziare con il proprio aggressore e i bambini ad avere rapporti con il “genitore aggressore”.

Pare evidente che una riforma del genere non tuteli nessuno delle parti in causa.

Non tutela il minore, che viene ad essere un pacco postale, a cui si inserisce mittente e destinatario ogni volta che cambia casa. Il disegno di legge ignora l’importanza per un bambino di avere i propri spazi e le proprie abitudini, di avere quella stabilità che gli permetta di avere una vita serena.

Non tutela le donne e i minori vittime di violenza, ignorando la difficoltà delle suddette di denunciare e rendendo la via della separazione ancora più ardua e economicamente dispendiosa.

Non tutela le donne che dopo la maternità hanno lasciato o hanno perso il lavoro. Una donna che è anche madre riuscirà difficilmente a dare lo stesso tenore di vita che al figlio era garantito durante la convivenza e che potrà continuare ad essere garantito dal padre, causando enormi squilibri e avendo come conseguenza anche la possibilità di perdere l’affidamento.

Il ddl Pillon è uno schiaffo in pieno viso alle riforme femministe e alla parità di genere, è un’offesa a tutte le vittime di violenza domestica. Una riforma inaccettabile in un paese civile.