Scuola, la delusione dei genitori: “Nonostante Dpcm bambini con disabilità soli in classe”

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Chi va a in classe e chi no. Chi ha potuto continuare la “relazione educativa” e vedere garantita l’effettiva “inclusione scolastica” e chi è rimasto a casa, con la Dad assicurata ma difficilmente seguita, aspettando solo, giorno dopo giorno, che le scuole riaprano. In queste settimane di chiusure non tutti i bambini con disabilità e con bisogni educativi speciali, nonostante quanto previsto dal Dpcm (art.43), hanno avuto la stessa possibilità: continuare ad andare a scuola anche in zona rossa. Una disparità riscontrata in varie realtà del paese e dovuta al fatto che la scelta di garantire l’inclusione, impegnandosi a coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni della classe (in piccoli gruppi), sia stata lasciata ai singoli dirigenti. Così molte scuole, lamentando difficoltà nell’organizzazione e mancate disponibilità, hanno messo in pratica quanto previsto dal Dpcm lasciando però i bambini con disabilità e BES soli in classe. A quel punto, vista la situazione, molte famiglie hanno rinunciato, tenendo conto anche delle reazioni dei bambini nel trovarsi a scuola senza i loro compagni. Non è bastata nemmeno la nota inviata dal ministero dell’Istruzione il 12 marzo, in cui ai dirigenti scolastici veniva ribadita la necessità di far sì che gli alunni con disabilità e altri BES non fossero soli in classe. Dal ministero raccomandavano: “Laddove per il singolo caso ricorrano le condizioni tracciate nel citato articolo 43 le stesse istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti con disabilità e altri BES ma, al fine di rendere effettivo il principio di inclusione, valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe –secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola”. Eppure così non è stato. Lo racconta Sirio Persichetti su twitter: “Il preside ha finalmente risposto. Secondo lui il Dpcm ‘non prevede la necessità di accogliere altri bambini in presenza insieme agli alunni diversamente abili’. Problema risolto così: sarò solo in classe, circondato da classi con dentro un solo bambino. Ditemi voi se…”. Per Sirio, per molti altri bambini e per le loro famiglie non è accettabile. “Sono entrato tutto felice, correndo sbilenco vero la mia classe. Nel trovarla vuota mi sono imbufalito, sono uscito furioso, mostrando la mia rabbia con gesti chiari. Ora son qui con tanti intorno che cercano di spiegarmi l’inspiegabile”. E l’inspiegabile è: “Come si può immaginare l’inclusione nella solitudine?”. Domanda condivisa da moltissimi genitori, delusi e amareggiati per le risposte avute e mancate. “Anna dovrebbe andare in classe da sola con una maestra che non è la sua. Anna resta a casa, perché quando me l’hanno detto mi si è accartocciato lo stomaco e il cuore”, scrive la mamma, Carla. Una situazione che potrebbe prolungarsi se le scuole, in particolare quella primaria e dell’infanzia, continueranno a restare chiuse. Oggi il premier Mario Draghi in Senato ha annunciato la possibilità di una riapertura in zona rossa, al termine delle attuali restrizioni, per consentire ai più piccoli di tornare in classe. “Se la situazione epidemiologica lo permette, cominceremo ad aprire le scuole in primis – ha detto – e cominceremo ad aprire almeno le scuole primarie e le scuole dell’infanzia anche nelle zone rosse, speriamo subito dopo Pasqua”. Ipotesi su cui sta lavorando anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Ma se così non fosse resta il problema di garantire pari opportunità, circa l’attività in presenza, ai bambini con disabilità e BES. Non possono esserci scuole virtuose, e molte lo sono, che si impegnano a rendere effettiva l’inclusione e altre che per i motivi più disparati non lo fanno, notano le famiglie. Non possono esserci bambini che, pur con le stesse necessità e le stesse difficoltà, in certi casi vanno a scuola e in altri no. “Quello sforzetto in più – come lo chiama Sirio – per rendere il tutto più facile da comprendere” è necessario. E deve essere fatto.