«Sicurezza e assunzioni sono le priorità»

0
66

Parla il segretario generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino: “In questi mesi tragici chiediamo un investimento importante nel lavoro pubblico. Servono energie nuove per riorganizzare il settore. Va rafforzato il ruolo della contrattazione collettiva”

I sindacati del pubblico impiego hanno lanciato la campagna “Rinnoviamo la Pa”. Ne parliamo con il segretario generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino. Per disegnare la pubblica amministrazione di domani indicate tre questioni principali: occupazione, sicurezza e contratti. Cosa chiedete?

In questi ultimi mesi tragici, in queste settimane, abbiamo chiesto ai governi, quello precedente e quello in carica, di mettere in agenda un investimento importante e significativo nel lavoro pubblico. I temi della campagna sono molto chiari e guardano ad una pubblica amministrazione più sicura, più trasparente, più forte, più rispondente ai bisogni dei cittadini e delle imprese. Per questa ragione il primo dei punti per noi imprescindibile, con la recrudescenza dell’emergenza pandemica, è indubbiamente quello della sicurezza nei luoghi di lavoro. Non solo nella filiera dell’integrazione socio-sanitaria ma, rappresentando come Funzione pubblica per la stragrande maggioranza settori compresi nei servizi fondamentali, è prioritaria la sicurezza di tutte quelle lavoratrici e lavoratori che hanno continuato e continueranno a lavorare per garantire i diritti di tutti.

Il secondo tema che ponete riguarda il piano straordinario delle assunzioni.

Esatto. Il nostro progetto si fa carico di garantire un allargamento del perimetro di intervento delle pubbliche amministrazioni attraverso l’inserimento di nuove energie, che possano portare all’interno capacità e competenze: elementi utili non solo a governare i processi di innovazione digitale, ma soprattutto per una riorganizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini. Riorganizzare serve a rispondere ai nuovi bisogni, all’idea di benessere che la sfida della sostenibilità e i cambiamenti demografici impongono, e al sistema di protezione sociale, vista la crescente insicurezza non solo sul fronte economico ma anche di vulnerabilità occupazionale. Considerata l’ingente mobilitazione delle risorse del Recovery Plan, in ultimo, non si può immaginare di cambiare la pubblica amministrazione, innovarla, riconfigurare la tipologia di servizi pubblici, gestire le innovazioni digitali, riformare gli assetti fondamentali della vita sociale dei cittadini e del sistema economico nell’interfacciarsi con i pubblici poteri (semplificazioni, accessibilità, prossimità), senza il coinvolgimento e la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori.

Come si inserisce qui il ruolo della contrattazione collettiva nei settori pubblici?

Abbiamo ancora tanta strada da fare sul fronte del recupero del ruolo della contrattazione collettiva. Chiediamo un investimento importante nella riforma del sistema di classificazione, ferma agli inizi degli anni Duemila, nella formazione continua, nella sperimentazione di nuove forme di partecipazione sindacale come partecipazione organizzativa, di ricodificare una serie di istituti contrattuali alla luce dei cambiamenti organizzativi e dai riflessi che ne derivano sul lavoro: dallo smart working allo spostamento dell’attenzione sulla territorialità dei servizi e ad una prossimità del servizio pubblico, che sempre di più traduciamo in personalizzazione della risposta ai bisogni, dell’assistenza, appropriatezza e domiciliarità.

Adesso con il governo Draghi si gioca la grande partita delle risorse. Come vanno spesi i soldi in arrivo dall’Europa per il settore pubblico?

Riteniamo che questa sia un’occasione storica, irripetibile, e da capitalizzare. Da subito abbiamo sottolineato che la programmazione inerente la leva dell’intervento pubblico, sui servizi che riguardano il benessere e la promozione sociale nella bozza di Recovery Plan, dimostrava la mancanza di una visione organica e di un indirizzo generale di missione assegnata alla pubblica amministrazione. Questa è la cosa più importante per rendere sia la parte relativa alla salute e all’assistenza sociale che quella relativa alla giustizia, così come quella relativa alla digitalizzazione e al miglioramento organizzativo della pubblica amministrazione, coerenti con un programma di riforme realmente rispondente a un nuovo modello di sostenibilità sociale. La pubblica amministrazione deve essere accessibile, performante, integrata. Deve mettere al centro la persona e il territorio ed essere quel fattore di contesto che, a partire dall’investimento sulle persone che ci lavorano, migliori quegli asset che determinano la competitività del Paese: dalla giustizia al funzionamento del sistema amministrativo (autorizzazioni, controllo, vigilanza, sicurezza, trasparenza, contratti pubblici e appalti), a quello che possiamo sintetizzare con il grado di resilienza del sistema Paese.

Vaccini e lavoratori pubblici. Quali sono le vostre richieste?

Abbiamo già sottoscritto un appello con tutti gli ordini professionali delle organizzazioni sindacali del settore sanitario per promuovere una forte sensibilizzazione degli operatori. Un fatto storico che ha visto la condivisione unanime dell’appello, affinché il vaccino sia interpretato dalle lavoratrici e dai lavoratori come lo strumento più importante che abbiamo per contrastare l’emergenza pandemica. C’è un problema di informazione, culturale, ma soprattutto di approvvigionamenti delle dosi necessarie a sostenere un piano vaccinale adeguato, che metta in sicurezza la popolazione dando priorità alle categorie sociali più esposte al rischio di vulnerabilità sanitaria. Insieme a loro abbiamo quei soggetti che nei settori produttivi hanno necessità, in quanto lavoratori essenziali e incomprimibili, di essere messi in condizione di lavorare in sicurezza per sé e per i cittadini con i quali parlano e che prendono in carico. Quindi la nostra richiesta non si limita solo ed esclusivamente al perimetro del lavoro pubblico, al quale sono stati destinati strumenti di protezione differenti – per esempio il personale sanitario ha avuto priorità nella somministrazione del vaccino e ci sono tanti lavoratori che hanno visto abbassarsi il rischio con il ricorso allo smart working. La nostra attenzione prioritaria va alle tante categorie di lavoratrici e lavoratori, nel settore pubblico così come nel privato, che analogamente a quelli di altri settori a rischio dovrebbero avere maggiori garanzie: parlo di igiene ambientale, servizi educativi, cooperazione sociale, lavoratori della polizia locale o assistenti sociali. Insomma il principio per noi è: in qualsiasi situazione o settore lavorativo la cui continuità esponga ad un elevato rischio, vanno assicurati strumenti di protezione adeguati e la somministrazione del vaccino. Ricordiamo che immunizzare gli operatori dei servizi, pubblici e privati, aiuta a contrastare la diffusione del virus anche per il resto della comunità. Su questo aspetto, ad oggi, non abbiamo avuto né un confronto con il ministero della Salute né con le singole amministrazioni o le aziende. Chiaramente, prima ancora che la profilazione delle categorie a cui assegnare priorità nella vaccinazione, c’è la difficoltà di approvvigionamenti che ha reso incerto l’esito del piano vaccinale che era stato già predisposto. E poi c’è il problema dell’impianto organizzativo.

Cosa intendi nello specifico?

Continuiamo a ritenere che l’ipotesi di gestire così la campagna vaccinale non corrisponda alle esigenze vere, ossia incrementare in modo strutturale le competenze e l’organico dei dipartimenti di prevenzione. Mi riferisco al ricorso al lavoro temporaneo, con l’accorato appello ai professionisti, senza coinvolgimento e garanzie, né lavorative né sull’impianto della gestione dei vari livelli della campagna nazionale, regionale e delle autonomie speciali. L’esigenza di aumentare le competenze è necessaria sia per gestire la campagna vaccinale straordinaria, sia in futuro il bisogno di ricorrere ciclicamente a campagne di prevenzione, studi epidemiologici, vaccinazione. Oggi nell’emergenza la rete dei dipartimenti deve essere allargata ai medici di base, ai professionisti sanitari abilitati, a tutto il personale sanitario che sta prestando, al di là delle proprie attribuzioni, il massimo supporto nelle regioni alla campagna. Un pezzo di riforma del sistema socio-sanitario nazionale, come abbiamo scritto nel documento “Un New Deal per la salute”, passa proprio attraverso il potenziamento territoriale di quelle aree del sistema di salute di comunità. Aree che in situazioni ordinarie si occupano di prevenzione, in quelle straordinarie di mettere in sicurezza la popolazione con tempestività.