Stop ai trasformisti togliendogli il malloppo

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La richiesta è arrivata giovedì pomeriggio, l’incontro si dovrebbe tenere forse già lunedì: sarà in quella sede che il nuovo segretario del Pd Enrico Letta presenterà alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati la sua proposta di modifica dei regolamenti parlamentari in chiave “anti-trasformismo”. Letta ne ha già parlato con il presidente della Camera Roberto Fico ma la vera moral suasion dovrà farla sulla seconda carica dello Stato perché è il Senato l’ala del Parlamento che in questi anni ha creato più problemi ai governi – basti pensare solo a quello di Giuseppe Conte caduto per 18 senatori di Italia Viva – per le maggioranze più risicate rispetto a Montecitorio. Ognuna delle due Camere ha la facoltà di approvare un proprio regolamento e l’occasione arriverà presto: il Parlamento dovrà modificare i regolamenti alla luce del taglio degli eletti che, dopo la vittoria del “Sì” al referendum, dalla prossima legislatura passeranno da 945 a 600. Ed è in quel contesto – si dovranno tarare nuove soglie per le votazioni, lo scrutinio segreto e le maggioranze – che il segretario del Pd ha intenzione di incidere: “Ora il trasformismo parlamentare deve finire” ha detto domenica nel suo discorso di insediamento.

La bozza Il modello è quello del parlamento europeo

Per redigere la proposta si stanno muovendo gli esperti in materia del Pd insieme a quelli della giunta per il Regolamento del Senato che stavano già discutendo su come cambiare i testi per dare attuazione al taglio dei parlamentari. L’obiettivo lo ha indicato Letta nella conferenza con la stampa estera: “I cambi di casacca e il gruppo Misto non sono capiti all’estero” ha detto il segretario dem. La proposta non andrà a imporre divieti o forzature che rischiano di collidere con il divieto di mandato imperativo dell’articolo 67 della Costituzione ma si baserà sul principio del “disincentivo” a cambiare gruppo: chi lo farà, nel corso della legislatura, non conterà più niente in termini politici e soprattutto economici. La proposta si ispira al regolamento del Parlamento Ue dove il gruppo Misto non esiste e gli eurodeputati che non vogliono iscriversi ad alcun gruppo o decidono di andarsene finiscono tra i “non iscritti”. Completamente ininfluenti e senza potere politico. “Non iscritti” Non contano più e zero fondi pubblici.

In Italia il gruppo Misto – ormai ingrossato così tanto da diventare la quinta componente del Parlamento (78 alla Camera e 39 al Senato) – non si potrà abolire ma la proposta del Pd prevede di permettere l’ingresso nel Misto solo all’inizio della legislatura nel caso in cui deputati e senatori eletti non riescano a raggiungere la soglia per formare un gruppo autonomo: il caso più tipico è quello di LeU che a inizio legislatura aveva 14 deputati e 3 senatori.

Nel corso della legislatura, però, chi deciderà di cambiare gruppo finirà nel limbo dei “non iscritti” senza la possibilità di formare un gruppo autonomo perdendo tutti i benefici: non potranno partecipare alla conferenza dei capigruppo ma soprattutto non avranno quella quota di finanziamento pubblico che oggi permette loro di restare in piedi o di assumere personale, per esempio i collaboratori parlamentari. In questo modo, sostengono dal Pd, i cambi di casacca sarebbero fortemente disincentivati: gruppi come Italia Viva o gli “Europeisti/Maie” senza i fondi farebbero difficoltà a stare in piedi. Se i parlamentari “ribelli” decidessero di continuare a stare nel gruppo di appartenenza pur votando in dissenso, alla fine sarebbero espulsi tra i “non iscritti”.

Norma anti-Renzi Basta gruppi senza il simbolo.

Inoltre, il Pd è pronto a presentare anche una norma cosiddetta “anti Italia Viva”, per evitare che si ripeta un caso come quello di Renzi del 2019. Il regolamento del Senato del 2017, rispetto a quello della Camera, prevede già che non si possa formare un gruppo senza un simbolo che abbia concorso alle elezioni ma, per aggirare questa norma, nel Renzi e i suoi formarono Iv grazie all’apporto di Riccardo Nencini eletto con il simbolo del Psi. Ora i dem vorrebbero stringere le maglie introducendo un principio: ci si potrà spostare solo in gruppi che hanno presentato il proprio simbolo alle elezioni. Come fare? Almeno dieci senatori del gruppo devono aver corso alle elezioni con quel simbolo evitando l’apparentamento con singoli senatori come nel caso di Nencini. A ogni modo, nuovi gruppi parlamentari si potranno formare con una soglia più bassa: dai 10 attuali a 7, proporzionalmente con la riduzione dei parlamentari.Il progetto “anti voltagabbana” convince i costituzionalisti. Il professore dell’Università Kore di Enna Salvatore Curreri spiega che “il trasformismo parlamentare è una malattia congenita del nostro sistema politico” e ritiene che disincentivare il cambio di casacca vada “nella giusta direzione”. Ma ci vuole qualcosa in più: in primo luogo, spiega Curreri, si deve “alzare le soglie minime per formare un gruppo nuovo: non più 10 al Senato e 20 alla Camera ma un numero più alto”. Curreri vorrebbe anche una soluzione politica: “Bisognerebbe fare come in Spagna: un patto anti-transfughi di tutte le forze politiche che si impegnano a non ricandidare chi cambia gruppo. Così i cambi di casacca diminuirebbero molto”. Anche il professore di Diritto Costituzionale della Luiss Nicola Lupo pensa che il meccanismo di “incentivi e disincentivi” sia migliore di “norme draconiane che potrebbero andare a intaccare l’art. 67”: “Oggi abbiamo un regolamento che premia la frammentazione per cui un unico gruppo di centro conta meno di dieci piccoli gruppi – dice – vanno alzate le soglie per formare gruppi. Il problema è che molte scissioni sono l’effetto e non la causa della possibilità di cambiare gruppo: se IV non avesse potuto formare un gruppo autonomo, la scissione ci sarebbe stata?”.

Il costituzionalista dell’Università di Pisa Andrea Pertici pensa che la proposta dem “sia in linea con l’art. 67” ma il problema rischia di essere organizzativo: “Con 20-30 non iscritti i lavori parlamentari e le maggioranze rischiano il caos – spiega – è fondamentale alzare la soglia per evitare la formazione di nuovi gruppi”.                                                                                                                                                di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano