Tutti i disastri di Carlo Calenda

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Carlo Calenda sottovaluta i cittadini italiani, pensa che non abbiano memoria. Le sue ultime imbarazzanti uscite pubbliche dimostrano che ha già dimenticato i disastri dei Governi del Partito Democratico ed i suoi fallimenti al Ministero dello Sviluppo Economico. Nei prossimi giorni gli rinfrescheremo puntualmente la memoria.

Cosa ci fa un ex Confindustria molto vicino a Luca Cordero di Montezemolo in un partito che si dice di sinistra e che dovrebbe difendere i diritti degli operai e dei lavoratori? Dopo l’esperienza da coordinatore di Italia Futura, Calenda si candidò alle elezioni 2013 con la Lista Monti: non fu premiato dagli elettori. A quei tempi ripeteva che “l’agenda Monti è l’unica strada per la modernità” e “noi siamo alternativi ai Dem, li batteremo” (Corriere, 2.1.2013). Nonostante la sconfitta, fu reclutato da Enrico Letta, che lo nominò addirittura vice-ministro. Fu subito “benedetto” da Renzi che lo mandò in Europa, dalla quale rientrò dopo pochi mesi come Ministro dello Sviluppo Economico, riconfermato anche da Gentiloni. Nel frattempo aveva preso la tessera PD, aveva minacciato di strapparla e tra un tweet e l’altro, invece di risolvere i problemi dei lavoratori e delle aziende, passava intere giornate a commentare qualsiasi tema politico e a distribuire opinioni nei talk show. Con Zingaretti ottiene il pass come capolista alle Europee ma, subito dopo essere stato eletto col PD, annuncia di voler abbandonarlo per fondare un altro partito. Mister coerenza!

Calenda è stato uno dei peggiori Ministri dello Sviluppo Economico della storia italiana, inanellando una serie di fallimenti e di iniziative del tutto dannose per il Paese, dal caso Ilva a quello Alitalia, passando per le vicende Fincantieri e Almaviva. A febbraio 2018 ha lasciato 162 tavoli di crisi aziendale aperti al ministero dello Sviluppo Economico, con 180mila lavoratori abbandonati a sé stessi: i dati 2017 sono stati i più alti degli ultimi sei anni, con un aumento dei posti di lavoro a rischio del +37% rispetto al 2012. Ha condiviso da sottosegretario del Governo Renzi la cancellazione della Cassa Integrazione per Cessazione che ha mandato sul lastrico migliaia di famiglie e quel Jobs Act che ha precarizzato il mondo del lavoro italiano in modo selvaggio.

Il suo operato è stato caratterizzato da disastri assoluti: i dossier Almaviva, Fincantieri, Alitalia, Ilva, IIA, Mercatone Uno, Blutec, K-Flex sono solo alcuni dei fiaschi che ha collezionato. Le sue figuracce politiche sono note: ha dichiarato che il Decreto Dignità avrebbe favorito licenziamenti e lavoro nero ma nel primo trimestre dell’anno c’è stato un boom di stabilizzazioni. Ha bollato il Reddito di Cittadinanza come “provvedimento pericoloso”, sostenendo invece la minestrina del REI che non aveva dato nessun aiuto concreto alle famiglie italiane che versavano in condizioni economiche difficili. Ha detto di voler abolire Quota 100, alla faccia delle centinaia di migliaia di lavoratori a cui la Fornero, sostenuta da PD e Forza Italia, aveva tolto il diritto alla pensione.

Calenda parli quanto gli pare, la sua incompetenza ed i suoi fallimenti fanno parte del recente passato di questo Paese. Sono lì e nessuno li può cancellare. Noi possiamo solo porvi rimedio con il lavoro e la determinazione. E lo stiamo facendo.