ULTIMA FILA IN ALTO PRIMO AL CITTÀ DI ROMA

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Intervista a Gianluca Bordiga, autore del libro “L’ultima fila in alto”, che vince il primo premio opere inedite, premiazione in Campidoglio.

1. dovendo cercare in libreria il suo lavoro in che scaffale lo troviamo?
Lo si troverà sugli scaffali che trattano della storia dei territori; che tradotto in modo popolare significa quasi sempre storia di difesa dei territori, di attività ambientalistica autentica, fatta di passione spontanea, anche impulsiva ma sana, e di socializzazione, e di competenze formatesi nel tempo libero, sottratto agli affetti.
2. Con questo lavoro lei si prefigge di?
Ho iniziato a scrivere il libro non avendo l’esperienza di una scrittura così impegnativa, e quindi, volendo raccontare quanto conosco sia dei momenti rilevanti e drammatici dell’origine della mia famiglia e sia delle principali e significative annose fasi che ho vissuto e tutt’ora vivo per la difesa del patrimonio ambientale del Lago D’Idro e del suo Fiume Chiese che è terra natale per me, ho cercato di scrivere nel modo possibilmente più dettagliato e scorrevole la realtà, avvalendomi quasi completamente della mia memoria mentale, ponendomi l’obiettivo di riuscire a stendere un testo chiaro ed attraente, affinché i drammatici episodi che hanno segnato la mia famiglia d’origine, paterna, e i fatti non banali derivati dal mio impegno pubblico pluridecennale costante e coerente in difesa e per la valorizzazione del territorio, nonostante una condizione di vita tutt’altro che agiata, si traducano in esempio per tutti coloro che vivono in territori depauperati o inquinati; perché le difficoltà generate dai drammi economici non devono poter svuotare la dignità delle persone, non devono alterare la forza delle comunità, forza che può scaturire dall’identità territoriale; mi prefiggo quindi che il mio primo libro diventi strumento di consapevolezza per tutti, di quanto amore e di come è stato profuso nella gente e nell’ambiente, e che se ci si appassiona della forza dell’identità e della partecipazione tutto si difende e anche così si vive la felicità.
3. Il suo libro può diventare una sorta di vademecum di come proteggere l’ambiente?
Nel senso stretto del significato del termine, penso che questo libro possa sì essere un riferimento per instaurare nei territori il valore assoluto del senso unitario, ovvero dell’unità tra le diverse anime dentro una comunità e tra le varie comunità che abitato una valle, un tratto fluviale, un lago; per riuscire ad affrontare con successo la prepotenza delle organizzazioni speculative, che per raggiungere il loro fine il più delle volte raggiungono anzitutto accordi con gli enti regionali o provinciali, e riescono a sviare i controlli ministeriali; la realtà, così è ancora attualmente, purtroppo, non gode di forze partitiche e istituzioni davvero consapevoli dell’urgenza di legiferare e intervenire massicciamente a risanare e proteggere l’ambiente, in particolare i corsi e gli specchi d’acqua dolce, le sue sorgenti ed i ghiacciai, ed i mari; e pertanto ogni persona dotata di buona volontà che avverte queste urgenze deve darsi un ruolo credibile verso la gente semplice, affinché egli stesso sia un punto di riferimento per qualche cittadino, e così via il più possibile affinché le comunità mantengano un orientamento sui valori superiori, che sono la salvaguardia del territorio e dell’autonomia degli enti locali; il mio libro può orientare in questo senso.
4. Da dove e quando nasce questa sua perenne denuncia o grido di speranza volta alle acque?
Nasce dalla mia adolescenza, vissuta peraltro in mezzo a tanta tenerezza, tanto calore famigliare e senso delle origini e tradizioni; con genitori di lignaggio di sangue di Bagolino, che si perde nel tempo, quel grande centro abitato di montagna all’estremità della Lombardia, sul confine trentino, che quando Brescia nel ‘600 contava ventiseimila abitanti esso ne contava ottomila, lì sono cresciuto nella frazione a lago, Ponte Caffaro, sviluppatasi sul lato nord ovest del Lago D’Idro; ogni giorno, con la mia bicicletta, andavo al lago, e spesso tornavo a casa facendo il giro per vedere i due corsi d’acqua affluenti, il torrente Caffaro e il fiume Chiese; quotidianamente la vista ed il rumore dell’acqua, delle leggere onde pomeridiane sulla riva del lago, e del suo scorrere torrentizio nell’uno e lento nell’altro nei due affluenti mi hanno coinvolto, a tal punto da far insorgere rabbia in me quando durante le estati il lago andava giù vistosamente ogni giorno di più, come se venisse risucchiato dal fondo; quella situazione mi scosse e generò il forte desiderio di non subirla passivamente; è iniziato da lì il mio impegno, in difesa del Lago D’Idro.
5. Come la politica può aiutare questo suo nobile ed importante progetto?
L’attività pubblica principale che svolgo, iniziata alla metà degli anni ’80, strada facendo insieme a decine di altre persone, abitanti dei vari e numerosi Comuni del bacino idrografico del Chiese, è sostanzialmente Politica perché prende posizione su temi sociali, ma non partitica; è attività che, sì, alla base è sostenuta da un fondamentale progetto sociale, non teorizzato, non elaborato su procedure materiali, ma inciso nel cuore, nella morale, nella volontà di vivere l’esistenza in modo essenzialmente utile alla collettività; e qui c’è la distanza dagli scopi e anche dalla pratica degli attuali esponenti dei Partiti, che sentendosi tali e mirando evidentemente a raggiungere quanto prima ruoli istituzionali, ancora continuano a privarsi dell’emozione davvero intimamente appagante di imparare a lottare con le unghie dalla parte dei deboli per difendere la terra, le acque, la dignità del lavoro, la vita quotidiana di tutti; la Politica per divenire utile al progetto complessivo di salvaguardia delle acque dolci, del bacino idrografico del Chiese, nel nostro caso, deve riconoscere il ruolo di profondi conoscitori dei territori, degli attivisti delle varie formazioni sociali no-profit, perché vi abitano, perché lo amano davvero, sanno come fargli del bene; questo devono fare i Partiti, aprirsi per imparare dai territori, nel contempo rendere i territori meno provinciali.
6. A chi dedica il prestigioso premio Città di Roma?
È un premio che m’infonde un’emozione che non riesco ancora a descrivere, ma sono sicuramente consapevole che se non ci fosse stato lo sprone del poeta Innocente Foglio, che nel febbraio dello scorso anno m’ha invogliato a scrivere il libro, oggi non vivrei questa per me nuova e stimolante fase della vita; lo dedico a lui, al poeta, principalmente, e nel contempo lo dedico alla mia famiglia, e all’associazione Amici della Terra, locale e nazionale, e alla Federazione delle Associazioni del Chiese, ed a tante persone con cui esistono sentimenti profondi di amicizia e affetto.
7. Attualmente a cosa sta lavorando?
Sto pensando a tre libri che vorrei scrivere nell’arco dei prossimi 5 anni: uno, il più vicino in senso temporale, vorrei che fosse il proseguo del mio primo libro, oggetto di quest’intervista, perché recentemente sono venuto a conoscenza di una realtà particolarmente scabrosa, in Lombardia, danneggiata da logiche connesse a situazioni ambientali, che voglio scoprire a fondo e raccontare; poi vorrei scrivere, insieme al poeta Innocente Foglio, sulla vita quotidiana di Bagolino, quel centro abitato nel cui tessuto urbano e sociale echeggia una storia bimillenaria, che è nel cuore dei suoi figli, ma che non è ancora stata raccontata appieno; e poi, vorrei scrivere un romanzo vero e proprio, del quale avverto l’energia, e cercherò di concretizzarne l’idea.
8. Una parola di speranza volta al momento che stiamo noi tutti vivendo?
Esorto tutti a credere nella bontà della ricerca scientifica, e a nutrire quindi la speranza nel proprio ambito, per contribuire tutti concretamente ad arrestare il contagio; pensiamo, ad esempio, di quanto si sia allungata la vita media negli ultimi cento anni, è indubbiamente merito della scienza e del progresso del contesto civile; l’orizzonte, se guardiamo bene, con occhi non solo per noi, da speranza.

Intervista di Aruspex.