Un Pnrr per l’innovazione e la sostenibilità

0
59

Attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in Italia come negli altri paesi europei, il programma Next Generation Eu dovrebbe rappresentare lo strumento principale per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale scaturita dall’emergenza pandemica e, al contempo, definire un nuovo modello sociale e di sviluppo. Il nuovo corso europeo, già delineato molto prima dell’irruzione dell’epidemia Covid-19, a partire dal Green Deal Eu, ha posto le basi per misurarsi con le grandi sfide globali a cui sono chiamati gli Stati membri e, soprattutto, i paesi mediterranei e più “periferici” dell’Unione europea che, sotto i colpi dell’austerità e della svalutazione competitiva, si erano allontanati dall’idea di crescita “intelligente, inclusiva e sostenibile” promossa dalle cosiddette agende sovranazionali.

La rinnovata ricerca della convergenza tra le economie europee si fonda sulla necessità e, dunque, l’obiettivo di cogliere le grandi transizioni che attraversano il Pianeta, a cominciare dal contrasto ai cambiamenti climatici e dalla trasformazione digitale. Non a caso Ngeu – così come il nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 – pongono dei vincoli all’utilizzo delle ingenti risorse messe a disposizione: i Pnrr devono destinare almeno il 20 per cento a progetti digit (ovvero con investimenti ad alta vocazione tecnologica e digitale) e almeno il 37 per cento dei progetti a vocazione green. Va subito chiarito che la restante quota di risorse che può essere utilizzata per progetti di diversa natura non deve contraddire tali vincoli e deve risultare comunque coerente con il più generale progetto europeo di rafforzamento della domanda, ridefinizione delle filiere produttive e accorciamento intra-continentale delle catene del valore (anche alla luce della pandemia). Il che significa anche maggiore competitività sul terreno 4.0 rispetto alle major Usa e asiatiche, nonché una maggiore indipendenza energetica in corrispondenza di un abbattimento delle emissioni CO2, essendo il mercato europeo potenzialmente il più grande e il più inquinante del mondo.

Di sicuro, esiste una stretta correlazione fra le cosiddette key enable technologies (tecnologie abilitanti) e lo sviluppo sostenibile. Tanto più se quest’ultimo viene inteso – come suggerito dall’Onu – in tre dimensioni: economica, sociale e ambientale. Le misure volte a promuovere strumenti, dispositivi e risorse interconnesse tra loro e con la rete, infatti, possono permettere alle imprese e alla Pa di migliorare tutti i processi, creando maggiore valore aggiunto e, attraverso il governo pubblico dell’innovazione e la contrattazione collettiva, anche nuova occupazione e il miglioramento delle condizioni di lavoro. Riccardo Sanna