Una maggioranza che tira a campare

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Domenica le urne hanno indirizzato a noi Democratici un messaggio incoraggiante. Un passo avanti, come è stato detto. Credo abbia influito, insieme, la nettezza della nostra visione europeista e lo spirito unitario che ha animato tutti noi. Mi vengono in mente due date che possono aiutarci a “leggere” il voto del 26 maggio: il 30 settembre ed il 3 marzo.

Le decine di migliaia di persone che gremirono piazza del Popolo e quel milione e seicentomila che, diciamocelo, contro i pronostici dei più accorsero ai gazebo per le primarie. “Unità, unità” chiedeva a gran voce la piazza romana a cui Maurizio Martina, a nome dell’intero gruppo dirigente, rispose senza giri di parole “Abbiamo capito”.

E unità, naturalmente nella chiarezza e nel dialogo tra i diversi candidati, ci hanno chiesto quelle donne e uomini che si sono messi in fila per ore il 3 marzo accompagnando a quella richiesta una rassicurazione: siamo con voi. L’unità, certo, non è una piattaforma politica ma una premessa necessaria per essere credibili agli occhi dei cittadini come una comunità che condivide aspirazioni ed ideali. Continuare nell’unità, preservare l’unità deve dunque essere l’obiettivo di tutti noi, dal segretario in giù, come lo è stato nella campagna elettorale.

Anche perché il lavoro da fare è ancora molto e il cammino lungo. E’ vero che il 26 maggio è naufragata l’aggressione sovranista all’Europa e questo è potuto accadere anche per la forza che esprimono in tutta l’Unione le forze socialiste e democratiche come quelle popolari, ambientaliste e liberali. Ma, lo sappiamo, da noi la destra di Salvini ha vinto di fatto svuotando il suo alleato di governo e affermando, anche nelle urne, il dato già evidente da quando, un anno fa, è nato il governo: la sua leadership personale, e soprattutto, ideologica.

Credo che questo governo, per le enormi responsabilità che porta sulle spalle, dovrebbe andare a casa oggi stesso: ha interrotto la crescita, bloccato gli investimenti, fatto franare la produzione e i consumi, riportato verso il basso la fiducia delle famiglie e delle imprese. Hanno provocato la perdita di posti di lavoro e ridato fiato alla cassa integrazione, hanno fatto schizzare verso l’alto lo spread e – non da ultimo – isolato il Paese a livello internazionale relegandolo ad un ruolo marginale come stiamo constatando proprio in queste ore in cui si sta discutendo dei nuovi assetti dell’Unione.

Ma dopo la scomposta pantomima della campagna elettorale, quel tirarsi sassi quotidiano che ha avuto l’effetto scellerato di paralizzare l’attività dell’esecutivo – come hanno riconosciuto essi stessi – è probabile che il potente mastice del potere e il possente attaccamento alle poltrone mostrato soprattutto dai Cinquestelle porti questa inquietante maggioranza a “tirare a campare” perseverando così da un lato nel picconare economia, occupazione e finanza pubblica e dall’altro nell’inoculare nella società linguaggi e parole d’odio, di intolleranza, di esclusione.

Le elezioni ci dicono anche quanto sia essenziale valorizzare l’esperienza dei nostri sindaci e amministratori non a caso premiati dai loro cittadini il 26 maggio. Essi con il loro impegno quotidiano e con la capacità di lavorare per assicurare scuole e trasporti efficienti, assistenza adeguata, infrastrutture che agevolino sviluppo e occupazione, servizi per la socialità, la cultura ed il tempo libero hanno dimostrato alle proprie comunità, con i fatti e non con le parole, che i Democratici sono quelli che sanno “prendersi cura” delle persone, risolvere problemi e non raccontarli, magari con una diretta Facebook o un Tweet.

Il “Piano per l’Italia”, con le prime proposte sulla necessità di uno stipendio più adeguato per milioni di lavoratori dipendenti, sulla lotta per il diritto all’educazione gratuita per tutti , dal nido al Università e infine sullo sviluppo della green economy va nella direzione di un approccio utile e concreto perché parla soprattutto a quella parte della società che ha sofferto maggiormente le conseguenze della crisi e di un modello di sviluppo che si è dimostrato, alla fine, iniquo e ingannevole.

E’ un Piano dunque che dice anche della nostra identità, della nostra scelta di campo, della nostra collocazione in un mondo occidentale in cui le diseguaglianze si sono allargate e non accorciate. Al lavoro dunque insieme. In tanti ci attendono in questo momento cruciale della storia dell’Italia e dell’Europa.        di graziano del rio fonte www. democratica.it