Era l’11 febbraio del 2012 quando Whitney Houston, a 48 anni, fu trovata morta in una stanza d’albergo a Beverly Hills. La causa del decesso fu attribuita all’annegamento accidentale nella vasca da bagno in seguito ad abuso di droghe, farmaci e alcool. Stessa tragica sorte che sarebbe toccata tre anni dopo alla figlia Bobbi Kristina. Come la madre, di cui non aveva mai accettato la morte, fu trovata il 31 gennaio del 2015 incosciente nella vasca da bagno della sua abitazione. Rimase in coma sei mesi prima di spegnersi per complicazioni a 22 anni.
Whitney Elizabeth Houston, soprannominata “The Voice” da Oprah Winfrey per la sua voce unica – regina del soul pop, negli anni ottanta dominava le classifiche mondiali: nella Billboard Hot 100 statunitense ha piazzato sette singoli consecutivi alla posizione numero uno, battendo il record di sei appartenente ai Bee Gees. Quarta per numero di vendite negli Stati Uniti, con circa 55 milioni di dischi certificati dalla RIAA, le sue vendite complessive di album e singoli sono di 200 milioni di copie.
Prima nella classifica degli artisti neri di maggior successo di sempre insieme a Michael Jackson, nel 2006 il Guinness dei Primati l’ha dichiarata “l’artista più premiata e famosa di tutti i tempi”. Poi nel 2012 altro primato mondiale: è la prima e unica artista ad avere 12 brani contemporaneamente nella Official Singles Chart. Ha vinto più di 400 premi tra cui 6 Grammy Award e 22 American Music Awards. Nel 2020 è stata inserita nella Rock and Roll Hall of Fame.
Gli inizi, giovanissima, come modella. Appare in Seventeen – una delle prime donne afro-americane ad aggiudicarsi la copertina della rivista – e poi su Glamour, Cosmopolitan, Vogue, Miss Young. Ma vuole entrare nel mondo della musica. Nel 1983, la nota Clive Davis della Arista Records e le offre un contratto.



