Micro storia dell’asbesto (vietato solo nel 1993) sepolto tra Corio e Balangero
(Parte 3/3)
BALANGERO (TO) – Il termine “amianto”- come abbiamo visto nei due articoli precedenti – in Italia rievoca una lunga storia di sofferenza, processi, inquinamenti, bonifiche e risposte collettive che se da una parte non soddisfano tutti, dall’altra i tempi lunghi sembrano opporsi alla giustizia per i reati commessi ma poi giungono puntualmente a conclusione.
Trascurando i vari siti in cui nel nostro Paese si è estratto e lavorato l’amianto, in estrema sintesi possiamo sintetizzare in tre grandi filoni questo argomento, che vogliamo rendere pubblico ai più che non conoscono o non ricordano quanto avvenuto.
1) l’Amiantifera, la cava di amianto di Balangero (TO);
2) le cronistorie processuali;
3) l’evoluzione del sito di Casale Monferrato, il più interessato dalle lavorazioni e dai morti.
Nel 1907 il commendatore Callisto Cornut ebbe il merito di aver scoperto – dopo tanti prelievi ed analisi di campioni – sulle pendici della collina sovrastante Balangero (TO) il più importante giacimento di amianto d’Italia (successivamente classificato puro al 95% di asbesto), una vera fonte di ricchezza per allora e la cui estrema pericolosità non era ancora nota.
Fu quindi logico che 18 soci fondatori il 3 giugno 1918 fondassero la “Società Anonima Cave di San Vittore”, che iniziò l’attività di estrazione; nel 1942 essa si trasformò in S.A.N.I. (Società Anonima Nichelio Italiana).
Questa, aggregata con la Fiat, cercò di estrarre anche il nichel, metallo altrettanto importante, ma dovette rinunciarvi e chiudere il laboratorio già l’anno dopo.
Vi era, da parte dell’industria automobilistica e di quella della fabbricazione di tubi (ma fu in uso fino al 1960 anche in medicina per pomate, polvere anti-sudore, contro le carie!…), una forte richiesta di amianto, e le entrate (bilanci) furono crescenti: 54 milioni di lire nel 1963, 605 nel 1976, circa 1 miliardo nel 1980.
Quando il mercato dell’amianto crollò, nel 1990 la miniera venne chiusa, pur con la stima che essa avrebbe potuto ancora fornire oltre 20 milioni di tonnellate di amianto. Alle grandi polemiche contro quella chiusura – forse perché qualcuno sapeva e qualcuno ancora no dei suoi tragici effetti – seguì il silenzio, nel 1993, quando l’amianto venne bandito perché riconosciuto cancerogeno.
Tra i circa 500 dipendenti ed oltre un migliaio nell’indotto – nel periodo in cui fu attiva – si diffuse un largo benessere, anche perché una larga parte di essi veniva dai comuni vicini (all’inizio anche a piedi o in bicicletta) e, oltre ad un buon salario, aveva l’orticello, un pollaio o un giro di piccoli lavoretti sotto casa: guai a chi diceva loro del rischio che correvano! Alcuni di loro, addirittura, avevano la casa a ridosso della miniera con la polvere che si spandeva dappertutto.
Per capire questo difficile “universo Amiantifera” e di quanto i minatori fossero attaccati al loro lavoro, bisogna leggere una delle testimonianze riportate da Teresa Zucco: “…fosse per me, tornerei in miniera, domani…” diceva uno di essi ancora nel 1992. Eppure, oltre al danno da polvere d’amianto, dal 1918 al 1953 – riferisce Italo Calvino (giovane redattore dell’Unità), nel pezzo “fabbrica della Montagna” memorabile cronaca sindacale dei 40 giorni di sciopero delle maestranze nel 1954) – vi furono 15 morti per infortunio ed i minatori davano il nome di uno di questi morti ad ogni nuovo pozzo di estrazione. Pure, già nei primi anni del Novecento erano state riportate dalla Francia e dalla Gran Bretagna notizie di malati e malattie legati all’inalazione di amianto, ma nessuno prestò loro fede.
Uno studio epidemiologico su 1996 ex addetti a Balangero, commissionato con una perizia dall’allora PM Raffaele Guariniello (a Torino dal 1992 al 2015) nell’ambito dell’inchiesta sulla più grande cava europea di asbesto bianco, aveva evidenziato 214 morti collegabili all’esposizione di asbesto.
“In una collina tozza e brulla, tutta scheggiosa e sterpi, si affondava una ciclopica voragine conica,un cratere artificiale del diametro di circa 400m, del tutto simile alla rappresentazione schematica dell’Inferno dantesco della Divina Commedia.
Lungo i gironi, giorno per giorno, si facevano esplodere le volate delle mine: la pendenza delle pareti faceva rotolare il materiale fino in fondo chiuso da una poderosa saracinesca; sotto questa un breve pozzo immetteva in una galleria dalla quale un trenino con i suoi vagoni blindati faceva la spola per il trasporto del materiale. C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina, se si lasciava il libro su di un tavolo per qualche ora, togliendolo si vedeva il profilo negativo tra uno spesso strato di polverino…”. Questa è invece una sintesi delle parole di Primo Levi nel 1941, allora giovane dottore in chimica che operava in laboratorio.
Per 80 anni circa la storia, l’economia e la vita sociale di Balangero sono vissute all’ombra dell’Amiantifera. Ci siamo posti – prima di scrivere questo articolo – un’importante domanda: “E’ bene cancellare dalla memoria il passato di questo territorio, o piuttosto – per le generazioni future e non solo – lasciare nella memoria questo esempio?”. La risposta è in questo articolo.
L’ultimo progetto noto, osteggiato dagli abitanti locali, riguardante la messa in sicurezza della cava (creando una grande discarica) risale al dicembre 2006; poi è stato modificato e sono iniziati i lavori per un nuovo progetto, promosso dalla Città Metropolitana in collaborazione con Enti e Funzioni preposte.
Proseguendo nel tempo, nel febbraio 2020 alla Regione Piemonte mancavano 14 milioni di euro, già stanziati dallo Stato e mai arrivati, per proseguire le opere di bonifica. L’allora assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati chiedeva quindi l’intervento di tutti i parlamentari piemontesi per ottenere dal governo la revisione della ripartizione dei fondi e l’immediata assegnazione dei 14 milioni mancanti a Balangero.
Il 20 luglio 2020 un altro sopralluogo al sito dell’Amiantifera ha confermato il progetto di risanamento ribadendo che in quel luogo si produrrà energia pulita. “Estrarre” energia pulita dove un tempo si estraeva amianto è una bella novità ed un buon agire che ha reso soddisfatti tutti, a partire da Giovanni Battista Poma, presidente della RSA, la società a partecipazione pubblica che si occupa delle operazioni, il quale, tra l’altro, ha annunciato che «…insieme ai Comuni interessati si sta operando per la costituzione di una comunità energetica che produrrà corrente elettrica con l’installazione di pannelli fotovoltaici e di una centralina idroelettrica…».
In aggiunta a ciò pare che si agirà anche per produrre idrogeno e saranno recuperati tutti i materiali ancora utili presenti nell’ex stabilimento.
Il 5 luglio 2022 fu fatto un sopralluogo di controllo circa il risanamento e venne rinnovata la disponibilità della Città metropolitana che ribadì il sostegno alle ulteriori attività di bonifica di quel, ormai ex, sito di amianto di interesse nazionale.
Al sopralluogo erano presenti il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo recatosi a Balangero per conoscere meglio la realtà dell’ex miniera e lo stato di avanzamento dei lavori di bonifica, curati dalla RSA srl, di cui la Città Metropolitana è socia.
Ad accompagnare Suppo durante la visita, c’erano il Presidente dell’Unione Montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone Gianluca Togliatti, il Sindaco di Balangero Franco Romeo, il Sindaco di Corio Susanna Costa Frola e lo stesso Presidente della RSA Giovanni Poma.
Arriviamo così al 16 luglio 2024, con l’importante annuncio: a fine anno i due terzi dell’area saranno in sicurezza e a disposizione della comunità locale.
Nel rispetto dei tempi concordati per le attività previste dal vecchio accordo di programma per la bonifica del sito ex Miniera di amianto di Balangero e Corio, la società a partecipazione pubblica RSA, che si è occupata degli interventi per restituire alla comunità locale questo luogo adeguatamente risanato e rimesso in sicurezza, ha effettuato una nuova visita guidata, a cui hanno preso parte in rappresentanza della Città metropolitana di Torino i consiglieri Sonia Cambursano e Alessandro Sicchiero, delegati la prima alle attività produttive, allo sviluppo economico e alla pianificazione strategica e il secondo all’ambiente, alle risorse idriche e alla qualità dell’aria.
A conclusione della visita l’atteso ed importante annuncio di cui sopra.
Il futuro è ancora tutto da costruire e l’onestà del tempo ci dirà se tutto è stato fatto bene per degnamente ricordare e commemorare i tanti morti, curare le ferite degli uomini e del territorio, augurandoci che le autorità di ogni tipo – statali, medico-sanitarie, sindacali, comunali… – non permettano mai più che per necessità economiche i lavoratori debbano vendere la propria salute e quella di chi li circonda.
Fonti: Primo Levi, Il Sistema Periodico, Torino, Einaudi, 1975; Questo Eremo Alpino, Atti del convegno di poesia, Comune di Lanzo, 1998; Teresa Zucco, Tesi di laurea della facoltà di Magistero, relatore prof. Alberto Baldissera, anno accademico 1991/1992;
Siti Internet: http: http://www.comune.balangero.to.it/Home/Guida-al-paese
IDPagina=28893&IDCat=4408;
https://www.spagliarisi.it/amianto/amianto-la-storia/;
https://onanotiziarioamianto.it/amianto-storia-alchimia-medicina/.
Sito Ufficio Stampa Città Metropolitana 17 luglio 2024
La composizione fotografica qui riprodotta è di proprietà dell’autore di questo articolo, ed è relativa all’unione di due antiche cartoline della cava trovate sul web, del 1925.
L’autore si scusa per errori e/o omissioni non voluti a causa della complessità e vastità della materia trattata.
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