La terza dose deve essere contemplata come un vero e proprio programma di sanità pubblica
A lungo termine, perché la maggior parte delle persone dopo 6 mesi dalla seconda dose diventa molto più suscettibile a trasmettere la malattia e in alcuni casi anche ad ammalarsi”. Sono le parole di Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di
presso l’Università di Padova.