In tv, su giornali e sociali ognuno potrà raccontare la sua verità, con tutto quello che ne consegue.
Anche prima della legge bavaglio voluta dal deputato di Azione Enrico Costa, valeva la presunzione d’innocenza ed era ben chiara a tutti la differenza tra indagato, imputato e colpevole all’ultimo grado di giudizio.
Di questo silenzio stampa, sottolinea Nicola Gratteri, si avvantaggeranno le mafie, che nell’omertà e nel silenzio prosperano.
Il procuratore di Catanzaro, intervistato dal Fatto quotidiano, avverte che il bavaglio avrà serie conseguenze sul contrasto alle mafie: “La rilevanza sociale del diritto all’informazione e del diritto alla verità delle vittime di gravi reati rischia di essere offuscata da un sistema che impedisce di spiegare ai cittadini l’importanza dell’azione giudiziaria nei territori controllati dalle mafie, rendendo molto più difficile creare quel clima di fiducia che consente alle vittime di rompere il velo dell’omertà.
Ma il mio timore è anche un altro: sembra quasi che non parlandone, la ‘Ndrangheta e Cosa Nostra non esistano. Ma non è così, e io ho molta paura che di questo ‘silenzio stampa’ le mafie ne approfitteranno, perché le mafie da sempre proliferano nel silenzio. Se la ‘Ndrangheta oggi è la mafia più potente è perché per anni non se ne è parlato”.
Il silenzio dell’autorità finisce per equivalere a una forma di omertà. Nessuna comunicazione su fatti reali. Solo opinioni, magari quelle dei parenti di Riina e Provenzano. Nessuna notizia su esponenti politici coinvolti in inchieste. Una classe dirigente che, come ha detto Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, “sono state le più violente del mondo e che hanno impedito dalla strage di Portella della Ginestra fino alle stragi del 1992 – 93 di scoprire i mandanti delle stragi e che sono compromesse in modo sistematico con la criminalità organizzata”.


