La guerra è come le mine antiuomo, crea odio tra i popoli

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Il tema dei profughi è prioritario. Sono d’accordo con Gino Strada: prima di tutto parto dall’orrore della guerra, da queste immagini di bambini, di donne, da queste vite sconvolte. Anche questi viaggi terribili da Kiev fino a Leopoli per fuggire.

Un mio amico ucraino di Kiev ha lasciato la casa con la moglie incinta e la bambina, mi ha mandato un messaggino dicendo “da oggi sono profugo”. Ecco, mi ha fatto una grande impressione come una vita cambia. Il discorso dei corridoi umanitari è importantissimo, anche se ora non voglio scendere nella definizione concreta, ma bisogna aprire delle strade per salvare vite umane.
La guerra è come le mine antiuomo. Si seminano mine antiuomo ma si semina anche rancore che si trasmette di generazione in generazione e diventa odio tra i popoli. Sono immagini impressionanti quelle che abbiamo visto. Dall’inizio di questa guerra – sembra una vita ma sono dieci giorni – uno dei miei grandi timori era che si combattesse dentro le città, cioè che Kiev diventasse come Aleppo, che la gente fosse costretta a nascondersi nelle case, nelle cantine, che la vita fosse distrutta.

Penso che ci sia un aspetto umanitario che noi dobbiamo considerare in modo prioritario: cioè dobbiamo aprire spazi di umanità in questa guerra, salvare le vite umane da un lato e favorire il negoziato dall’altro.
Mediatori per trovare la pace

Per una trattativa non bastano quegli incontri che abbiamo visto a Brest. Ci vogliono dei mediatori e questo è un punto fondamentale. Ma non siamo stati capaci di trovarli e io sento che la diplomazia è alle corde, se non ora questo filo di speranza dell’intervento di Bennet o l’ipotesi di un ruolo della Merkel sotto l’egida dell’Onu.
Bisogna riprendere a negoziare.

Il Papa ha detto delle parole molto forti e il suo non era un discorso buonista. Ha detto: non sono operazioni militari ma è guerra e la guerra e pazzia.
Non sono un pacifista a oltranza. Mi definirei piuttosto un pacificatore. I processi di pacificazione passano attraverso il realismo. Credo che bisogna essere molto realisti, non mi farei intrappolare dal dibattito sulle armi e punterei a non rinunciare al sogno della pace.

Andrea Riccardi