Seppure il presidente ucraino fosse catturato e ucciso oggi stesso, il conflitto proseguirebbe con modalità anche più tragiche, in quanto i nazionalisti ucraini avrebbero un martire in più. Così un qualunque governo fantoccio filo-russo, e persino l’occupazione casa per casa, finirebbero col generare una resistenza partigiana, con episodi di terrorismo che si sposterebbero presto nelle capitali europee, come abbiamo imparato già dagli anni sessanta con le vicende arabe.
Un motivo di più per non dare ai combattenti altre armi, e continuare ad fare pressione sulla Russia con le sanzioni economiche: l’unico strumento che funziona. Solo portando i due Paesi a trattare, con i loro leader attuali, si potrà sperare in una pace fragile ma con qualche prospettiva di durare. Diversamente l’area resterà una polveriera, anche perché le brigate nazionaliste colpevoli delle repressioni nelle aree russofone non saranno più composte da poche migliaia di criminali, ma richiameranno i figli e nipoti delle vittime intenzionati a vendicarsi.
Draghi promette da tempo miliardi per ridurre il costo di gas e benzina, ma questi soldi chi li ha visti? Domani Palazzo Chigi dovrebbe stanziarne altri, ma premesso che tra l’annuncio e l’arrivo dei fondi c’è di mezzo il mare, sembra che ci fermeremo a qualche miliardo, come gli inutili interventi precedenti. Così tra l’Ue che rifiuta un Recovery energia e il nostro governo che non apre a uno scostamento di bilancio per tirare fuori i soldi che servono davvero, chi paga il conto di tutto siamo noi. E poi ci si stupisce se siamo più incavolati degli ucraini.
Gaetano Pedullà


