Il cinema non morirà ma i cinema sì, se non si inventano subito qualcosa

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Il pubblico è un giardino che va innaffiato, bisogna valorizzare le sale cittadine e trasformarle in luoghi di aggregazione sociale e culturale”. Lo ha detto Marta Donzelli, produttrice e presidente della Fondazione centro sperimentale di cinematografia illustrando all’incontro Anica i dati sugli incassi delle sale, tra box office e indotto di bar ed eventi negli ultimi quattro anni.

Dopo l’anno d’oro prepandemico del 2019, con 920 milioni di euro di incassi, il 2020 si è fermato a 250 milioni, il 2021 a 225 milioni e per il 2022 la stima è di 370 milioni. “Bisogna ricostituire un rapporto con lo spettatore, è una scommessa”. Un identikit del settore è arrivato da Andrea Montanino, direttore delle strategie settoriali e impatto di Cassa Depositi e prestiti: “L’audiovisivo italiano ha 9 mila imprese che generano 65 mila posti di lavoro e un fatturato di 13 miliardi euro, il dieci per cento totale europeo”.

L’85 per cento delle imprese fattura però meno di un milione di euro e soltanto il due per cento supera i dieci milioni. Secondo Montanino la trasformazione sarà dettata dal cambiamento della domanda: “Un sondaggio ci dice che il 54 per cento degli italiani preferisce vedere i film a casa, il 13 per cento al cinema, è un elemento che va accompagnato e non contrastato. Millennials e premillennials preferiscono lo streaming, sono loro che determineranno la fruizione”.

“Nel 2014 la cultura veniva considerata bella ma marginale, ora fa parte delle nelle scelte strategiche del Paese è un dato acquisito e anche quando cambieranno ministri e governi non si tornerà indietro” ha Il ministro della Cultura Dario Franceschini annunciando un nuovo flusso di risorse e misure per il sostegno all’ingresso della creatività italiana in altri mercati europei.