Cosa sta succedendo? A partire da gennaio, l’importo di Reddito e Pensione di cittadinanza è stato ridotto perché una serie di sussidi, che prima non erano considerati, ora vengono calcolati andando a tagliare l’assegno.
Un’integrazione a redditi modesti che ha aiutato milioni di persone a tirare avanti con meno affanni e che ora viene meno, mentre c’è da fare i conti coi rincari di bollette e beni di prima necessità. Insomma, un’emergenza nell’emergenza che riguarda le più fragili tra le famiglie italiane, con anziani e disabili tra i più colpiti. Si tratta di centinaia di migliaia di nuclei che hanno perso, alcuni temporaneamente, il sostegno, mentre molti altri si sono visti ridurre in maniera significativa l’assegno mensile.
Non solo: in tanti dovranno addirittura restituire a rate nei prossimi mesi i soldi ricevuti a febbraio.
In pratica, un mix di tecnicismi che ha tolto a molte persone già in difficoltà le poche risorse sulle quali potevano contare finora. Non è un caso che in questi giorni si registri un aumento di accessi alle sedi della Caritas e, soprattutto, di lettere di lamentela all’Inps.
“Mia nonna percepiva circa 190 euro – racconta un’altra persona – ma a gennaio sono scesi a 57 euro, come è possibile vivere così?”. “Io sono invalido al 74%, mia sorella al 100%, ma da gennaio il nostro Reddito di cittadinanza è diventato di 40 euro. Non possiamo lavorare, come facciamo ad andare avanti?”, si chiede un altro beneficiario.
Quello che sta succedendo non è responsabilità dell’Inps, che si sta limitando ad applicare la legge che prevede nuovi criteri per il calcolo dell’assegno, come la maggiorazione sulla pensione di invalidità o la quattordicesima. Ma l’Istituto a febbraio non è riuscito a riconteggiare tutti gli assegni mensili e i tanti che hanno ricevuto più del dovuto si vedranno ora applicare i conguagli. Per non rendere traumatica l’operazione, la compensazione avverrà a rate.
Questo, peraltro, in un periodo in cui già fisiologicamente si assottiglia la platea del Reddito di cittadinanza: a febbraio il numero di beneficiari è crollato dai 3 milioni dei mesi precedenti ai 2,4 milioni. Il motivo anche qui è tecnico: febbraio è il mese in cui bisogna aggiornare la dichiarazione sostitutiva dell’Isee e questo a volte porta via tempo e comporta il salto di un mese.
Ma il mese di marzo è iniziato sotto i peggiori auspici anche per milioni di famiglie che hanno ricevuto per la prima volta l’assegno unico universale per i figli, scoprendo che sono state più che mai disattese le aspettative riposte sul nuovo strumento che ha sostituito e unificato tutti gli strumenti precedenti di supporto (assegni, detrazioni e bonus). E questo non solo perché la busta paga è più leggera (l’importo viene accredito sul conto corrente).
Ora è certificato che la nuova misura penalizzi le fasce di reddito medio, la stragrande maggioranza delle famiglie, a favore di quelle più alte del lavoro autonomo. L’aveva rilevato dieci giorni fa anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb): l’assegno favorisce incapienti e autonomi, con evidenti vantaggi per i redditi medio-alti. Il meccanismo è chiaro: l’assegno cala al salire del reddito, ma a 40mila euro di Isee (quando vale 50 euro mensili a figlio) si ferma e lì resta anche per i milionari.
DI PATRIZIA DE RUBERTIS E ROBERTO ROTUNNO



