Svezia e Finlandia fanno male alla Nato

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Com’era prevedibile, la richiesta di adesione di Svezia e Finlandia alla Nato non costituirà un miglioramento dei rapporti internazionali.

La reazione russa all’annuncio è infatti netta: “L’adesione della Svezia e della Finlandia alla Nato peggiorerebbe gravemente la situazione in ambito militare e porterebbe a conseguenze indesiderabili che devono essere evitate”, ha affermato il viceministro degli Esteri russo, Alexander Grushko. Siamo di fronte al contrario della de-escalation tanto invocata nelle ultime settimane, e non è certo di buon auspicio la dichiarazione del ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, che dice: “Finlandia e Svezia sono benvenute”.

I due paesi sono più sicuri?
La percezione di sicurezza del fare parte dell’Alleanza atlantica può essere comprensibile in una prospettiva limitata e circoscritta, ma in termini generali la fortificazione della Nato rafforza il bipolarismo tra potenze armate anche di strumenti nucleari.

Difficile convincere la Russia che l’allargamento continuo obbedisca solo a una logica difensiva, anche perché la logica contraria ha animato la costante espansione verso Est della coalizione militare capitanata dagli Stati Uniti in anni, tra il 1999 e il 2004, in cui la Russia non costituiva minaccia alcuna.
Il caso è in contraddizione con quanto previsto dall’articolo 10 dello Statuto Nato, quando condiziona l’allargamento a nuovi Paesi alla loro capacità di “contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”.

A che serve La neutralità
La sicurezza di Finlandia e Svezia, in ogni caso, è già garantita dalla loro condizione di neutralità. Il diritto della neutralità, infatti, si fonda essenzialmente sulle Convenzioni dell’Aja del 18 ottobre 1907 e sul diritto consuetudinario internazionale, definendo i diritti e gli obblighi di uno Stato neutro a partire da quello decisivo dell’inviolabilità del territorio dello Stato neutro.
Se volessero tutelarsi in modo ancora più stringente, i due Paesi potrebbero siglare patti bilaterali con i Paesi Nato o un patto esplicito di non aggressione con la Russia. Gli strumenti non mancano.

Un diritto ancora valido?
Si può sicuramente sostenere che il diritto della neutralità risalga a una fase antica dei rapporti internazionali, a guerre convenzionali combattute tra gli Stati sovrani nel corso dell’800 e che oggi le situazioni sono molto più ambigue. La Svizzera, ad esempio, si è espressa a favore delle sanzioni economiche nei confronti della Russia, ma ha subito precisato che questo non metteva in discussione la sua “politica di neutralità”. È anche vero che la Carta dell’Onu, con la necessità di prevenire, evitare e sanzionare qualsiasi aggressione, mette in crisi il concetto di neutralità qualora ci si trovi di fronte a un intervento armato deciso dalla stessa Onu. Ma è anche vero che sempre più spesso, negli ultimi venti anni, ci si è trovati di fronte a interventi militari, come quello Nato in Kosovo, decisi senza un’autorizzazione dell’Onu e quindi la neutralità in quel caso ha ancora un fondamento.

SALVATORE CANNAVÒ