EUROVISION: BASTA POLEMICHE, SERVIVA UN MESSAGGIO DI RIPARTENZA E QUESTO È STATO

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Una premessa: chi scrive non è esattamente un musicofilo, ma ama orecchiare i generi musicali

La canzone vincitrice dell’edizione 2022 di Eurovision, “Stefania” portata sul palcoscenico dalla Kalush Orchestra, da inno commovente alla madre di uno dei leader di questa band, di sicuro interesse artistico, è diventata per forza di cose un inno, toccante e inevitabilmente coinvolgente, alla madrepatria Ucraina, il Paese di provenienza del gruppo musicale.

Dopo averla ascoltata, sono rimasto sinceramente colpito dalla forza sonora del brano, trascinante e patriottico e reso ancora più emozionante dalla passione dei suoi interpreti. La musicalità e i look sono quelli tipici della tradizione dell’Europa orientale, ma lo scatto modernizzante, derivato dall’estrazione rap della band, li ha resi patrimonio comune.

Per questo motivo non mi sento di aggregarmi al coro disfattistico dei polemisti di professione che accusano il festival, celebrato nella mia natia Torino e Torino e tornato in Italia dopo trent’anni, di essersi piegato al politicamente corretto.

Non ci è dato sapere se l’Ucraina avrebbe vinto in condizioni di normalità internazionale: forse sì, forse no.

L’arte, in questo caso canora e musicale, da sempre oscilla tra la necessità di trasmettere messaggi duraturi, al di là di contingenze e di emergenze del momento, e l’impegno a immergersi nelle criticità specifiche dell’epoca in cui viene realizzato il componimento.

Pensiamo, per esempio, a una canzone immortale come “Il ragazzo della via Gluck” di Adriano Celentano: immaginata per denunciare alcuni eccessi del primo boom economico sul piano edilizio, è diventata un inno universale all’importanza di una crescita sostenibile e rispettosa in qualsiasi successiva era.

Parimenti Stefania, la storia di una madre che continua a difendere i propri figli e il cui amore fiorisce anche quando i suoi capelli diventano bianchi, una madre con la quale ricongiungersi anche quando tutte le strade che conducono a lei sono state nel frattempo distrutte, è un brano che manterrà la propria forza poetica sia nella tragica situazione attuale, sia in un tempo di pace sperabilmente non più lontano.

In ogni caso, se la musica viene considerata uno strumento in un certo senso capace di infondere messaggi diplomatici e di speranza al futuro, allora la missione è stata adempiuta con successo, vincendo su dietrologie inopportune. Ha vinto un Paese il cui martirio ha scosso il mondo intero, non solo la parte occidentale, e con esso ha vinto la voglia di ripartire dell’aggregazione sociale e dell’economia turistica dell’era post Covid. E presto, auspichiamo tutti, post bellica.

Un augurio a tutte le Stefanie e le mamme del mondo!

Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI