La pace in mano a un dittatore

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Fra le cose stupefacenti di questa già strana guerra, dove gli alleati del Paese aggredito ricevono materie prime di essenziale importanza da quello aggressore (anche se la Ue si è impegnata a ridurre le importazioni del 90% del petrolio dalla Russia, ma solo entro sei mesi) guidato da un leader definito di volta in volta “criminale di guerra”, “assassino”, “malato di mente”, c’è che la Turchia sia considerata il soggetto più credibile per arrivare a una pace fra Putin e Zelensky.

Già è curioso che la Turchia faccia parte della Nato (la ragione principale è che a Incirlik c’è la più importante base aerea americana del Medioriente) quando, in diversi scacchieri, come la Libia, è alleata proprio della Russia contro gli interessi yankee e occidentali. Ma se Putin è un criminale, Recep Tayyip Erdogan non lo è meno. Nel 2016 si è inventato un inesistente colpo di Stato dell’oppositore Fethullah Gülen, predicatore e politologo turco, che per sfuggire all’arresto si è rifugiato, guarda caso, proprio negli Stati Uniti.

I suoi seguaci sono finiti diritto e di filato nelle prigioni turche che pullulano di prigionieri politici, soprattutto curdi. Che cosa siano le prigioni turche ce lo ricorda il bellissimo film Fuga di mezzanotte, e da allora nulla è cambiato se non in peggio. Evin, il principale carcere iraniano, è un gradevole gelatino al pistacchio rispetto alle prigioni turche. Erdogan cerca di accreditarsi come mediatore sostenendo di essere il principale antagonista dell’Isis in Siria.

In realtà il suo antagonismo contro gli Isis di Siria, che sono una minoranza irrilevante in quel Paese (gli Isis sono forti in tutt’altre parti del mondo, in Asia centrale, nel Medioriente, nel Mediterraneo), è solo un pretesto per colpire i curdi. I curdi infatti sono la grande ossessione della Turchia. In Turchia vivono circa 14 milioni di curdi, circa un quarto della popolazione. Un tempo non potevano nemmeno dirsi “curdi” ma chiamarsi “turchi di montagna” e ai parlamentari curdi era proibito di parlare nella loro lingua.

Adesso la loro situazione parrebbe migliorata, ma solo in apparenza. Infatti il maggiore partito di opposizione curdo in Turchia, il Pkk, comunista, e il suo successore Ypg, sono stati messi fuorilegge e dichiarati “terroristi”.

È tipico dell’età contemporanea togliere al nemico la schmittiana categoria di justus hostis. I nemici, non solo delle autocrazie, ma anche delle linde democrazie occidentali, non sono mai delle comunità che perseguono un qualche loro ideale, in genere di indipendenza, ma dei criminali.

Per gli americani “terroristi” non sono solo i Talebani ma anche i pasdaran iraniani, per Putin gli ucraini sono dei “nazisti”. Il leader del Pkk Ocalan è in galera in Turchia da più di vent’anni. E chi l’ha consegnato alle prigioni turche? Il molto commendevole governo di Massimo D’Alema. Una delle pagine più vergognose della diplomazia italiana.

Il terrore della Turchia è che ai curdo-turchi si uniscano quelli siriani, quelli iracheni e quelli iraniani (nelle carceri iraniane le nazionalità dei prigionieri cambiano a seconda dei tempi, ma c’è una costante: la maggioranza è sempre curda). Eppure i soli legittimi abitanti di quelle parti di Turchia, di Iraq, di Iran, di Siria e anche di Armenia sono proprio i curdi. Non per nulla quella regione si chiama Kurdistan.

In non ricordo più quale anno la Turchia e Saddam Hussein conclusero un patto leonino per cui gli eserciti iracheno e turco potevano oltrepassare i rispettivi confini per inseguire e massacrare i guerriglieri curdi che agivano nei due Stati.

Massimo Fini