“Credo che i quesiti referendari – spiega Giulia Ligresti all’Adnkronos – siano un punto di partenza importante per tornare a mettere il tema della giustizia al centro del dibattito politico. Temo che il referendum non arriverà al quorum, ma spero che in Italia si ricominci a discutere in Parlamento di una riforma della giustizia che riguarda tutti e che richiede interventi strutturali che vanno ben oltre cinque schede su cui tracciare una X per scegliere tra sì o no”.
Fino a quando il 19 ottobre 2018 fu arrestata per scontare la pena patteggiata nel 2013, ma nel frattempo a Milano il fratello Paolo e due manager erano stati assolti per insussistenza di quei reati costati a lei la condanna. Un contrasto di giudicati che determinò lo stop all’espiazione della pena, la revisione della condanna e l’assoluzione l’1 aprile 2019 “perché il fatto non sussiste”. Di recente la corte d’Appello di Milano le ha riconosciuto l’equa riparazione dei 16 giorni (dal 17 luglio all’1 agosto 2013) nei quali ritiene Giulia Ligresti è stata ingiustamente detenuta in custodia cautelare, ma le ha negato il risarcimento dei giorni successivi “perché il patteggiamento è stato considerato un ammissione di colpa (peraltro insussistente)”



