La Federal Reserve, dopo quasi 30 anni, rialza il tasso di riferimento di 75 basis points passando da un tasso compreso tra lo 0,75% – 1,00% all’ 1,5% – 1,75%. Il mercato dopo l’uscita del dato monstre del CPI di venerdì, che ha riportato un aumento nei prezzi al consumo pari all’8,6% annuo, ha iniziato a prezzare un rialzo più elevato, da quanto precedentemente dichiarato da parte della banca centrale americana, per tentare di arginare il prima possibile l’inflazione americana
Questo rialzo è stato accompagnato da una dichiarazione che affermava che questo rialzo potrebbe essere replicato già nel prossimo meeting di luglio e da una revisione nelle aspettative di crescita e di inflazione del paese a stelle strisce. Infatti, la Fed ha tagliato le stime di crescita per il 2022 da un iniziale valore previsto del +2.8% al + 1,7%, e ha aumentato quelle sull’inflazione che sono passati dal +4,3% al 5,2%. Insomma, il messaggio che la Fed ha voluto passare ai mercati è che farà il possibile per riportare l’inflazione sotto controllo cercando di evitare, per quanto possibile, una recessione e un “hard landing” per i mercati.
I primi effetti di questa politica monetaria più aggressiva si iniziano a vedere nelle strategie di assunzioni e licenziamenti previste dalle grosse aziende americane, le quali hanno iniziato ad annunciare una riduzione o un congelamento delle nuove assunzioni, precedentemente previste, ed un aumento dei licenziamenti.
Alcuni esempi sono Tesla, Twitter, Intel ed Uber, che hanno al momento congelato del tutto le assunzioni, a queste si aggiungono anche Spotify, Microsoft, Nvidia e Meta che le hanno diminuite fortemente e infine Coinbase e Netflix hanno già ridotto o hanno in programma di diminuire il numero dei loro dipendenti data la necessità di ridurre i costi aziendali.
Tutto questo dovrebbe porre un freno alla spirale dei rialzi dei prezzi e degli stipendi in America e portare al risultato sperato di un rallentamento complessivo dell’inflazione.


