Con questa decisione, il governo “ratifica la volontà di garantire l’apertura di spazi di pace in cui gli ecuadoriani possano riprendere gradualmente le loro attività”, si legge in una nota. La revoca dello stato di eccezione era una delle condizioni poste dalla Conaie, la principale organizzazione indigena, per avviare un dialogo con le istituzioni dopo due settimane di proteste che hanno visto due tentativi dei dimostranti di entrare nell’edificio del Parlamento.
Lo stato di emergenza era stato decretato lo scorso 18 giugno nelle province di Imbabura, Pichincha e Cotopaxi ed era stato poi esteso il martedì successivo a Tungurahua, Chimborazo e Pastaza.
Gli scontri hanno paralizzato
Quito per giorni e hanno causato cinque morti e oltre 200 feriti. Il movimento indigeno ha presentato una lista di dieci richieste che includono una riduzione dei prezzi del carburante e un calmiere sui beni di prima necessità.
I dimostranti domandano inoltre che le imprese statali non vengano privatizzate e che non venga estesa l’attività petrolifera e mineraria in Amazzonia.



