Per un’opera singola non avrebbe avuto proprio nessun senso, era contro spese solo finalizzate al consenso politico e alla gioia dei costruttori. Loro erano diversi.
E infatti furono promosse dal governo giallo-verde nel 2018 analisi sistematiche dell’utilità di grandi opere, con lo strumento considerato il più adatto, cioè l’analisi costi-benefici sociali. Si iniziò con opere per 27 miliardi, quattro al Nord e una al centro, dell’utilità delle quali esistevano forti dubbi. I tecnici incaricati, intrepidamente guidati da chi scrive, trovarono che si trattava davvero di sprechi di soldi pubblici per tre di queste, mentre per due sarebbero stati ben spesi.
Ovviamente si scatenò una vivace campagna mediatica contro le analisi negative: in Italia non se ne erano mai viste prima. Si rompeva una gloriosa tradizione, certi interessi non si toccano, perbacco.
Ma poi nei 5 Stelle il vento cambiò. E che cambio… Qualcuno nel Movimento, senza darne notizia agli elettori (a cosa servirebbe?), né avvisarne i poveri esperti che si affannavano a fare i conti, decise che bisognava dire di sì a tutto, escluso alla Tav (si suppone per motivi simbolici). Addio razionalità economica e lotta agli sprechi dei soldi dei contribuenti, residui di idee ormai obsolete.
Per inciso, emerse che i dati della Tav piacevano tanto poco ai francesi, che dichiararono che fino al 2038 dalla loro parte del tunnel non investivano un euro che fosse uno. L’Italia considerò la cosa irrilevante (siamo ricchi!), ma recentemente la Commissione Ue sembra eccepire, e non dar più soldi se i francesi non intervengono radicalmente, e a suon di miliardi, sulla loro tortuosa linea attuale.
Una visione dello sviluppo del Paese degna di un secolo fa e il Pnrr ne è la massima espressione: 62 miliardi sono allocati a grandi opere, soprattutto ferrovie, e soprattutto al Sud. Per sicurezza, la verifica della loro utilità economica e ambientale è stata affidata alle stesse FS, destinatarie dei fondi senza nemmeno obblighi di ammortamenti o simili inutili fastidi. Loro certo della materia ne capiscono, e sicuramente non saranno turbati dal piccolo conflitto di interessi.
MARCO PONTI


